Sono veramente sdegnato e schifato: non esiste tra tutte le pagine del web in italiano una sola recensione di questo disco (né del successivo “The Erosion Of Sanity” che provvederò a recensire al più presto). Non so se questo dipenda dall’ignoranza o dalla sottovalutazione di questi due lavori, so solo che è un autentica vergogna. Per chi non lo sapesse, i Gorguts sono un gruppo canadese che esordì nel lontano 1991 proprio con questo disco e, alla stregua dei vari Cannibal Corpse o Suffocation, ha inventato e portato ad interessanti evoluzioni il Brutal Death metal. La formazione ruota intorno al cantante-chitarrista Luc Lemay, che potrei definire senza paura di cadere in errore, il Chuck Schuldiner del Brutal: proprio così, quest’ uomo è dotato di una capacità compositiva ed esecutiva immensa che, più che in questo lavoro, emerge bene in quelli successivi.

Le dieci canzoni che compongono questo cd sono molto strutturate e complesse e sviluppano una potenza non indifferente: nonostante i cambi di tempo repentini che passano da accelerazioni (mai esagerate) a rallentamenti siano la prima cosa che si coglie, non si può dire che la sezione ritmica sia il fulcro dell’album. Accanto all’ottima prova del drummer, troviamo infatti riff di chitarra stupendi e coinvolgenti che sfociano in assoli altrettanto magnifici e seguono la “melodia” della canzone: infine, altra particolarità di questo disco, stacchi di basso che, oltre a mettere in risalto la bravura dell’esecutore, hanno influenzato molti gruppi successivi (primi tra tutti i connazionali Cryptopsy). Il cantante presenta un growling abbastanza pulito che lo avvicina ancora di più al sopraccitato ex cantante dei Death, la qual cosa rende il tutto più fluido e maggiormente assimilabile. Non si può affatto parlare di un disco monolitico in quanto le canzoni sono tutte perfettamente distinguibili l’una dall’altra e mostrano, col la loro varietà, la grande fecondità di idee di questi quattro ragazzi. Sono presenti anche due pezzi strumentali (l’intro “…And Then Comes Lividity” e “Waste Of Mortality”, della durata di oltre quattro minuti). Il disco inoltre vanta i contributi di due "grandi" del genere: James Murphy degli Obituary, che ci regala un bell’assolo in “Inoculated Life”, e Chris Barnes dei Cannibal Corpse, che duetta con Lemay in più canzoni. La produzione è affidata all’onnipresente Scott Burns, che tuttavia evita il solito lavoro di ipercompressione del suono, filtrando le chitarre solo leggermente. I testi sono, rispetto agli standard del genere, “delicati”: pur trattando le solite tematiche di morte, lo fanno con una certa leggerezza, senza indugiare troppo sui particolari macabri e relegandoli (una volta tanto) ad un ruolo chiaramente marginale. Conoscendo bene sia i Cryptopsy che i Gorguts, posso affermare che i primi, nel corso dei loro vari lavori, hanno portato alle estreme conseguenze le idee e le intuizioni che quest’ultimi pubblicavano qualche anno prima nelle loro release; con questo non voglio dire che abbiano copiato dal gruppo in questione, semplicemente intendo dire che il fatto che i Gorguts abbiano influenzato e contribuito allo sviluppo di mostri come i Cryptopsy, la dice lunga sulla qualità della loro musica.

Potenza, fantasia e bravura sono gli ingredienti di “Considered Dead”: dieci tracce che scorrono lisce e portano il disco dritto nella “Hall Of Fame” del Death metal; da avere assolutamente, un vanto per ogni metallaro che si rispetti.

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