Damon Albarn… Ma Damon Albarn è un genio? Damon Albarn è un genio!
Dove a un certo punto della nostra storia (non solo musicale), l’apparire è diventato più importante dell’essere, le menti geniali di Damon Albarn (cantante dei Blur) e Jamie Hewlett (disegnatore del fumetto cult “Tank Girl”) hanno partorito i Gorillaz, una band virtuale che ha affascinato il mondo col loro primo album che ha venduto più degli ultimi 3 album dei Blur messi assieme.
Un progetto simile non poteva rimanere incatenato ad un singolo episodio, perciò, a quattro anni di distanza da Gorillaz, ecco Demon Days. Per parlare di questo disco (al quale hanno collaborato tanti e illustri ospiti come Neneh Cherry, De La Soul, Tennis Hopper e Ike Turner) bisogna intraprendere un discorso più generale per capire più o meno come vanno le cose.

Prima di tutto il disco più atteso dell’anno (almeno a sentire lo spot pubblicitario), ovvero quello dei Coldplay , nonostante l’immediato successo (primo posto in classifica in più di 20 paesi! E più di 700,000 copie vendute in America solo nella prima settimana!) ha deluso buona parte della critica che al terzo album si sarebbe aspettata un grande capolavoro (penso a Ok computer dei Radiohead o a Parklife dei Blur) o comunque qualcosa che avrebbe definito finalmente il suono della band. Ebbene sì, per quanto riguarda il suono di quel disco, quello è cambiato, è più u2 che Coldplay, ma manca il capolavoro.
Per quanto riguarda invece gli Oasis, il loro ultimo disco si è rivelato un disco migliore del precedente ma non ancora soddisfacente. Con tutto questo intendo dire che queste due band si sono fatte un nome, anche se non grande, nella storia della musica dopo aver esordito con due album straordinari (Definitely Maybe e Parachutes). I Gorillaz, al contrario, hanno esordito con un buon album, hanno venduto sei milioni di copie ma non sono diventati un fenomeno di massa. Di conseguenza, non mi stupirei se il disco dovesse vendere meno del precedente. In conclusione, non sono le vendite a fare il nome, ma il NOME A FARE LE VENDITE, il nome di chi è stato fenomeno in passato. Penso per esempio a quanti dischi i Pink Floyd venderebbero al giorno d’oggi se riunissero di nuovo ma con un disco mediocre.

L’importante è la qualità. E qualità c’e né tanta in Demon Days, qualità e più sostanza rispetto all’opera precedente. Complice il cambio di produzione: a Dan Nakamura subentra DJ Ranger Mouse (l’autore del disco illegale The Grey Album che univa al suono dei Beatles il rap di Jay-Z) la cui produzione risulta molto più efficace.
Sono cambiati i Gorillaz, eccome. Più notturni, meno freschi e meno immediati, ma più compatti e incisivi. Lo si avverte già dall’ “Intro” (In verità il pezzo più insignificante) a cui segue la bellissima “Last Living Souls”, il punto più alto in cui si concretizza maggiormente lo stile musicale che loro chiamano Dark-pop. Segue “Kids With Guns” dove Neneh Cherry viene (mi dispiace dirlo) sprecata. “O Green World” e “El Manana” sono gli episodi più bluriani dell’album, mentre il singolo capolavoro “Feel Good Inc.” si gioca il tormentone con “Dirty Harry” (pezzo infantile con coro di bambini alla Pink Floyd) e la straordinaria dance anni 80 di “DARE” (sarà il prossimo singolo). A chiudere l’album, due perle: “Don’t get lost in Heaven” in cui “i Beach Boys incontrano il musical” (Ciro Frattini) e “Demon Days” in cui viene lasciato ampio spazio alla London Community Gospel Choir.

Quest’opera seconda della band virtuale è uno dei dischi migliori dell’anno, più convincete del primo, più convincente delle (seppur buone) ultime uscite dei Blur, più convincente dei dischi più attesi dell’anno, più convincente di chi fa finta di non riuscire a convincersi.

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