Veneta: piccola località dell'Oregon (Line County), Stati Uniti, popolazione 4100 persone circa (dati 2010), superficie 6,66 km quadrati, abitanti al 80 % bianchi, attività economiche principali agricoltura e allevamento. Classica cittadina di campagna statunitense dove non capita mai niente, le case sono in legno con steccato bianco, ogni casa ha un giardino privato e gli abitanti si conoscono tutti. L'unica festa di paese è la Old Reinassance Fair, antica fiera che si svolge ogni anno a fine agosto.

L'unico evento che scosse la tranquilla vita in questo paesello dimenticato da Dio, fu il concerto dei Grateful Dead, band storica che partecipò il 27 agosto del 1972 ad un concerto benefico proprio nelle campagne vicino al villaggio, dando vita ad un live memorabile, uno dei preferiti dei Deadheads, che circolò su bootleg per quarant'anni prima di venire pubblicato ufficialmente il mese scorso. A Veneta, quel giorno di piena estate, l'atmosfera è di festa; centinaia di giovani arrivarono numerosi in un campo immerso nel verde, tra ruscelli e foreste fitte, vogliosi di trascorrere una giornata di pace e musica. Grazie ad un valido filmato dell'epoca si possono vedere tutte queste persone arrivare al concerto; non c'è polizia, non ci sono controlli di nessun genere, solo tanti giovani, fans della band, personaggi fuori di testa, motociclisti, vecchi stralunati forse ubriachi che vagano nei campi, donne seminude e bambini che giocano coi cani. Su di un traliccio di legno improvvisato si arrampicano una ventina di ragazzi, in uno spiazzo vicino al palco una ragazza, facilmente sotto acido, balla e si muove come in preda a visioni psichedeliche e la droga circola alla grande tra la folla numerosa. Ci sono tante persone ma non scoppia nessuna lite, tutto è tranquillo, ognuno parla con l'altro serenamente, tutti si fanno i fatti loro nella più completa serenità.

Ad aprire il concerto furono i New Riders of The Purple Sage, gruppo satellite dei Grateful, che intrattennero il pubblico per un'oretta con il loro country rock. Successivamente salirono sul palco Garcia e soci, acclamati da un grande applauso dei fans, ed iniziarono a suonare in maniera divina, reduci da uno stressante ma esaltante tour europeo, documentato tempo dopo da uno splendido album, il Live in Europe '72, documento eccezionale che testimonia la grandezza della band dal vivo. Mickey Hart non c'è (aveva lasciato temporaneamente la band) ed alla batteria c'è il solo Bill Kreutzmann, mentre al piano troviamo Keith Godchaux, arrivato da poco nella band in sostituzione del grande Ron "Pigpen" McKernan, storico organista, voce e percussioni, il quale fu costretto a lasciare la band nel dicembre dell'anno precedente, ormai in fin di vita dopo anni di alcol e droghe che ne avevano minato la salute (morì infatti di cirrosi l'anno successivo). La band suona magnificamente, il gruppo è compatto ed in salute e si sente; dopo aver rotto il ghiaccio con "Promised Land", vecchio pezzo rock 'n roll di Berry, i musicisti deliziano il pubblico con una lenta ed ipnotica "Sugaree", per poi passare ad un medley mozzafiato "China Cat Sunflower - I Know You Rider". Garcia ha il tocco vellutato, usa la sua stratocaster in modo divino, alternando gli assoli con il giovane Bob Weir che si occupa anche di cantare. Phil Lesh al basso segue le improvvisazioni dei compagni in maniera eccellente e Godchaux con il suo piano riempie il sound generale con grande maestria. "Mexicali Blues", brano firmato da Weir, con il suo incedere allegro e divertente, si rivela un bellissimo brano tra il country ed il tex-mex e la folla è entusiasta.

 La vera padronanza nel suonare dei musicisti si vede benissimo prima con "Playing the Band", poi con la epica "Dark Star", vero simbolo dei Grateful Dead. La canzone, che si snoda per mezz'ora abbondante, mette in luce tutta la maestria dei nostri; un fiume di note, colori, che ti cascano addosso come un torrente in piena. Ogni nota ha la sua collocazione precisa, i musicisti improvvisano ognuno per conto proprio, ma vanno tutti nella stessa direzione musicale. Garcia dosa le note con sicurezza assoluta dello strumento, passando da psichedelia pura ad improvvisazioni jazzistiche eccellenti, che ti tolgono il fiato. C'è tempo anche per una cover di Merle Haggard, "Sing Me Back Home" e le classicissime "Sugar Magnolia" e "Casey Jones", per poi chiudere con un'altra canzone di Bob Weir, l'eccellente e grintosa "One More Saturday Night".

Descrivere a parole questo concerto rende poco l'idea della sua bellezza e precisione; sono stato colpito comunque dalle doti eccellenti dei Dead, di cui sono un grande estimatore. Pur conoscendo molti live della band, questo secondo me esprime uno dei massimi punti toccati dai musicisti californiani; la pulizia del suono, brani lunghi ma divertenti, mai pesanti, canzoni che ti fanno volare con la mente, tecnica sopraffina e mai nulla lasciato al caso. Ottimo ed imprescindibile il lavoro di Godchaux, che stende una base di piano bella ed elegante, creando una sorta di base su cui i chitarristi si lanciano nelle loro ragnatele infinite di suoni e colori.

Come recita la scritta in copertina "Finalmente, lo show più richiesto nella storia dei Grateful Dead". Ha ragione, mi trovo d'accordo...

 

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