Esistono artisti che, per un motivo o per un altro, sono considerati "minori" e che nel loro repertorio possono vantare un numero esiguo di successi, che si contano sulle dita di una mano, ma allo stesso tempo una quantità ben maggiore di perle disseminate negli album che hanno tracciato il loro percorso artistico, rimasto per lo più inosservato.

Un'artista italiana come Grazia Di Michele, cantautrice raffinata e ironica, che scrive canzoni da sempre con il cuore, anzi "ragionando col cuore", può essere considerata facente parte di questa categoria di artisti.

La sua lunga carriera raggiunge il suo apice in un progetto discografico di scarso successo, "Rudji"(1995), ma ritenuto dalla critica la sua miglior prova: in contrasto con i lavori precedenti, il disco è suonato in maniera essenziale e molto etnica, con strumenti acustici, prime fra tutte le chitarre ed è stato registrato in pochi giorni. La title-track fotografa in un ritratto solare e sorridente una bambina conosciuta in un 'isola delle Seychelles, che porta addosso i colori vivi della sua terra:
"e canta i canti africani/vieni a bere il sole qui nelle mie mani"
"La mamma balla la mutia/per la gente straniera/Rudji balla da sola coi granchi sulla spiaggia /di sera
".

È l' ennesimo quadro di una donna, sembra che la missione di Grazia Di Michele sulla Terra sia quella di caratterizzare con chiaroscuri, ma anche colori accesi (vedi, anzi senti, "Le Ragazze di Gauguin" o "Storia di una polena")personaggi femminili anche solo ideali. La seconda traccia, "È che restiamo bambini", è un omaggio alla spontaneità e un'ammissione di quanto si faccia fatica a "imparare l'amore",
"a ritrovare il sorriso/se un gioco fa male" e al tempo stesso della gioia che si ha "a dargli sempre la mano/senza sapere il peccato/ a cancellare il suo nome/sopra un vetro appannato".

Anche questo brano esprime grande genuinità ed emozioni pure, sottolineate da una musica vivace. Troviamo nell'ascolto "Semplice" dalle atmosfere brasiliane usate per dichiarare che "quest'amore tra me e te/è semplice come una canzone"; poi "Mondo", un grido di nostalgia e di un bisogno disperato di affetto: "sai se c'è un mondo per me?". Qui la poesia raggiunge forse i vertici del disco, nel rivolgersi proprio al mondo
"che raccoglie il dolore", quasi in ginocchio se si potesse: "Io sono qui sulla tua riva /ma non ti guardo mai/il tempo è sabbia tra le dita/è vita che non sai".

Passando per "Notte d'Oriente", il pezzo più orientaleggiante dell'album, ascoltiamo "Pane e ciliegie", una favola in forma di canzone ambientata in un contesto agreste semplice e fuori dal mondo e dal nostro tempo all'insegna della tecnologia: una struggente ninna-nanna che sogna il fermarsi per un istante di tutte le guerre e augura al figlio un momento di pace e che "tutte le terre dorate di spighe/domani avranno pane /pane e ciliegie per il mio amore/l'amore mio che dorme".
È forte la cifra poetica in "Pane e ciliegie" , pur essendo il testo estremamente semplice e privo di orpelli stilistici: il sogno più nobile, un dolce ideale utopico raccontato in un linguaggio se vogliamo "rarefatto" proprio perchè astratto dal tempo e dalla vita quotidiana.

Dopo una perla del genere ci imbattiamo in "Sopra i tetti", scritto a quattro mani con Massimo Bubola, e anche questo risente dell'aria incontaminata che si respira in "Pane e ciliegie":
"occhi più chiari, limpidi /avremo dopo il temporale/ e non dovremo più inciampare su questi mucchi di parole/su questi cumuli di neve" "e . ce ne andremo sopra i tetti di un nuovo amore/balleremo sulle piazze di un nuovo amore/seguiremo la vita che va /veloce più di noi /veloce più del cuore".
E appunto "dopo il temporale", segue anche "È musica" che "è in sottofondo ad ogni mio risveglio/mentre colori il cielo di Milano/è sulla terra dove cammino/è nella voce di questo bambino" "è armonia che vive libera/non si fa fermare e non si fa toccare /è musica che ci respira intorno/che viaggia con il tempo".

In seguito a canzoni così sinceramente tenere e dolci, ma che non sconfinano mai nel melenso, arrivano "Ama le tue mani", esortazione ad amare "l'Universo", che è anche una canzone testimone dell'impegno sociale di Grazia, così come la bellissima e profonda "Mandragole", dedicata alla Terra sempre meno rispettata. I versi finali colpiscono al cuore:
"Io sogno una notte di Luna/e uomini stesi sul tuo corpo /a fecondarti in un gesto d'amore/e il mattino stupito scoprire distese di rose /senza nome".
"Cose senza nome" descrive i sentimenti di precaria incertezza palpabili in Africa, non ben delineabili : "Che giorno è /che vita è mai questa/che tutto cambia /e poi non cambia niente/.... ci vorrebbe un caappello calato sul cuore/la tua mano sugli occhi /per questa cosa senza nome".
A chiudere l'album ci pensa "Mi stai cercando" "dentro un mattino di sole e vento", una sensazione che sa di sicurezza.

Per concludere possiamo dire che "Rudji" è un album godibilissimo, che racchiude canzoni sincere e profondamente leggere (profonde in modo leggero, non pesante e leggere in modo profondo) per usare un'espressione della cantautrice.

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