HO PAURA...tanta.
Una paura viva, vera; perché devo affrontare un disco che mi tormenta dal 2009, anno della sua pubblicazione. Da tempo volevo scriverne una recensione; ma non ci sono mai riuscito: perché questo è per me un album spaventoso. Ma ora è giunto il momento, almeno credo; dai proviamoci, un passo alla volta, con assoluta calma.
Justin Broadrick ed Aaron Turner sono gli artefici e le menti (malate) dell'immane progetto; non mi dilungo nel descrivere le loro rispettive carriere in musica. Sono certamente tra i più influenti personaggi per quanto riguarda un certo tipo di musica pe(n)sante negli ultimi decenni. E' la stessa etichetta discografica di Aaron a distribuire l'album; quindi assoluta libertà di comporre, di registrare ciò che si vuole, senza curarsi troppo di apparire e vendere. Non ne hanno bisogno.
Otto lunghi, interminabili brani per una durata complessiva che supera l'ora di ascolto. Industrial-sludge-noise-dub terrificante nel suo pachidermico incedere, emblematico fin dalla copertina mai così esplicita. Si viene sommersi da un suono scandito da un basso ossessivo, imperioso; con le due chitarre che smembrano il tutto tra note alienanti che sembrano provenire da un antro nero, freddo, profondo. Con dei loop sintetici di batteria ripetuti all'infinito che danno ulteriore senso mantrico e ripetitivo allo scorrere delle canzoni: ossessionanti.
Senza luce ,senza fiato; non c'è pausa, non si respira. Un suono saturo, nero come la pece, con le voci dei due leader che sono urla primordiali, psicotiche che mettono angoscia. Le iniziali "Wolf at the Door" e "Vultures Descend" (che titoli!!!) superano entrambe gli otto minuti di durata, rendendo assai bene l'idea di che cosa l'ignaro ascoltatore si troverà di fronte: come dei primordiali Godflesh, quelli più industriali, che vanno a cozzare con gli Isis di "Celestial", passando infine nei pressi di un dub infetto e pregno di umore claustrofobico che rimanda agli Scorn. Un biglietto da visita che non ammette repliche.
Tutto l'ascolto si sviluppa nel medesimo, disturbato modo; giungendo così esangui all'ultimo brano "Easy Pickings" che di facile non ha nulla: ancora otto minuti finalizzati a far male alla mente da tanto pesanti, martellanti, mostruosi.
Un album unico che non avrà seguito alcuno: credetemi è forse meglio così visto a che cosa si va incontro nell'ascolto di "Disconnected"; non ho mai ascoltato un qualcosa di così inascoltabile. Se esiste l'aldilà voglio comunque essere accolto da questi suoni nell'eventualità di un mio ingresso negli inferi eterni. Un capolavoro.
Basta, mi devo fermare, sto tremando...Devo far presto, uscire di casa e respirare l'aria buona e fresca delle mie montagne in questa piovosa e tetra mattinata; devo disconnettermi, staccare la spina da quel senso di dipendenza che mi crea anche solo il parlare di questo album...Ma ormai è tardi, non riesco a staccarmi da tutto ciò...tutto ricomincia...ancora una volta...
HO PAURA...tanta.
Una paura viva, vera.....AAAAAAARRRRRRGGGGGGHHHHHH..................
Carico i commenti... con calma