A metà fra una galleria di immagini su Tumblr e il video di una canzone di David Guetta, Spring Breakers, per la regia di Harmony Korine, ha diviso la critica, e ovviamente gli spettatori, fra chi ne ha visto una rappresentazione banale e superficiale di un’ altrettanto banale vacanza adolescenziale mascherata da viaggio alla ricerca di sé, e chi ha osannato la nuova opera dissacratoria di un regista non convenzionale e fuori dagli schemi, apprezzandone l’ironia e sottolineando come i sovracitati difetti siano tutti voluti.

Harmony Korine è già noto come regista di film indipendenti e come sceneggiatore del forse più noto Lerry Clark, ma in entrambi i ruoli si contraddistingue per uno stile che definire grottesco sarebbe un eufemismo e per l’uso di personaggi e situazioni borderline, con protagonisti schizofrenici, socialmente disadatti, affetti da patologie fisiche e mentali, e moralmente abbrutiti, inseriti in paesaggi e ambientazioni altrettanto svuotati di qualsiasi empatia. In Spring Breakers, però, al contrario di film come Gummo o il più estremo Trash Humpers, le protagoniste e il contesto di provenienza sono piuttosto convenzionali e riconoscibili: quattro studentesse americane, ragazze carine e truccate, che sognano di evadere dalla loro vita di provincia in cui si limitano a bere e fumare e sognano posti in cui poter bere e fumare di più, ballare e sballarsi come la maggior parte degli adolescenti del cinema americano, e non. Per farlo, decidono di rapinare un fast food, e con i soldi così conquistati, possono finalmente partire all’ inseguimento del loro sogno, in occasione dello Spring Break, la pausa di inizio primavera di scuole e college americani, lungo la West Coast. L’esito è una spirale di droga e violenza, accompagnata dal piacere insito nella trasgressione, dal divertimento e da qualche rimorso

Una trama così banale deve avere un significato nascosto, altrimenti si tratta di un film di merda. Non è così perché ci troviamo su un piano lontano da quello didascalico o documentaristico.

Korine si allontana anche visivamente dall'estetica dei suoi lavori precedenti ma non abbandona la cifra stilistica dell'esagerazione, usando un'estetica di forte impatto scenico. Le luci e la fotografia concorrono a costruire un’atmosfera sospesa, onirica, in cui ogni frame è in sé un mondo a parte, e che sottolinea con visuali seducenti la vacuità delle parole e delle azioni dei personaggi. Viene da pensare che è impossibile che una cornice così bella possa ospitare un quadro così brutto, perché cornice e quadro combaciano, sembrano esser fatti l’uno su misura per l’altro, tanto che questo apparente contrasto non stona, cioè sì stona, ma è una stonatura armonica; in altre parole, un contrasto stridente ma perfetto. Una storia così banale, come dicevo prima, non è nuova al grande schermo, anche a un grande schermo di tutto rispetto come quello di Venezia, su cui il film è stato presentato, tuttalpiù la differenza sta nel modo in cui la si racconta: ecco, Spring Breakers non si ammanta di nessuna retorica didascalica, paternalistica, condiscendente e nemmeno di uno sguardo oggettivo e documentario; Spring Breakers vive dello stesso divertimento dei suoi personaggi (fra cui uno splendido James Franco. Quando mai James Franco non è splendido? Beh, devo dire che io l’ho trovato fenomenale qui, più che nei panni di Greg Sestero in The Disaster Artist. Cioè, era come se gli venisse da ridere sul serio) e lascia trapelare una certa sbruffoneria, come un dj che balla insieme al suo pubblico ma fra sé e sé si fa due risate su quell’orda di gente che neanche sa che cosa sta ballando.Anche l'uso di attrici come Selena Gomez, Vanessa Hudgens e Ashley Benson è chiaramente finalizzato a circoscrivere la fruizione del film, e non perchè 'svezza' delle attrici uscite dal mondo dell' intrattenimento per ragazzi ma perché aumente la popolarità del film e anche il suo appeal su un target di coetanei delle protagoniste. Chiamarla provocazione, secondo me, sarebbe esagerato:è tutto parte dello stesso gioco; io faccio un film sulla gioventù bruciata e intanto alimento il fuoco, perché se volessi starne fuori, il fuoco si alimenterebbe lo stesso, ma soprattutto, se non volessi alimentare questo fuoco, girerei un film su qualcos’altro.

In Bling Ring, Sofia Coppola presentava la storia di un gruppo di adolescenti che rubavano vestiti nella case di celebrità e personaggi dello spettacolo : tratta da fatti realmente accaduti , la vicenda veniva rappresentata quasi come un fatto di cronaca sociale, con una certa compartecipazione e vicinanza ai protagonisti, a voler sottolineare come una serie di fattori, quali l’assenza dei genitori, abbia un grave impatto sugli adolescenti. In Spring Breakers, i personaggi non hanno spessore psicologico, le loro ragioni non vengono approfondite, non ci sono spazi per frasi ad effetto sulla loro vita e i loro sogni, anzi, quando ci sono, sono ironicamente vuote e prive di significato. I crimini compiuti dai protagonisti sono trattati con lo stesso sguardo che riceverebbero in un video di Rihanna (per cui tra l’altro Korine ha girato il video di Needed Me) : non c’è nulla da giudicare o da giustificare, c’è solo da guardare e vedere se ti piace.

<<Spring Break. Spring Break Forever.>>

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