Introduzione: da un intervista di metà anni novanta rilasciata dal Sig.Richard Sinclair, 45 anni, celibe. Domanda: “Progetti per il futuro?"
Risposta: “Guarda, vorrei fare il musicista professionista, ma per ora c'è troppo gente che vuole che gli ripari il bagno...” Due considerazioni due: La prima: Poveri, poveri musicisti che non arrivano a fine mese senza un lavoro part time. La seconda: povere, povere massaie che per trovare un idraulico lo devono cercare fra i musicisti. Scegliete voi quella che vi piace di più. Fine dell'introduzione.

Un passo indietro ora: in principio erano i Soft Machine ma non si dovette aspettare molto perchè arrivassero i Matching mole. Già c'erano i Caravan che non si scomposero quando si formarono gli Egg i quali, fra un tea e un biscotto, divennero molto amici dei Gilgamesh dato che degli Arzachel già si diceva: “che fine hanno fatto?”: Tutti sti gruppi e gruppetti sono nati e defunti all'interno della cinta di mura di Cabterbury, città di San Tommaso Beckett, Martire. “Beh, e ora che si fa?” disse qualcuno a un certo punto. “Formiamo gli Hatfield che l'è ora...”

Hatfield and the North: Dave Stewart (tastiere dagli Egg), l'draulico Richard Sinclair (Basso e voce, dai Caravan), Phil Miller (chitarra, dai Matching Mole) e Pip Pyle (batteria dai Gong). Con questa formazione gli hatfield girarono gli scantinati dei colleges, e i teatri più off di mezza europa dal 1972 al 1976 e incisero due album che sono credo le pepite più dorate delle miniere auree di Canterbury. L'omonimo del 1973 e “The Rotters' Club” del 1975. Di quest'ultimo mi va di parlare.

La prima è “Share it”: “Please do not take it seriously... Rotters' club... Spread the meaning of this song and shaaaaaaare it”. Così canta Richard Sinclair anima canzonettistica della banda dei brocchi (The Rotters' club appunto). Richard pare un Buster Keaton lungo, biondo e sorridente; la sua voce è inconfondibilmente british ma per farla più british l'ha tenuta a lungo a bagno nell'understatement. Con questa voce esitante Richard pare che dica “vorrei essere altrove...” e invece ci invita ad essere semplici, a non prenderci sul serio, e a condividere il feeling della band: a sentirci tutti un po' brocchi, insomma. E allora Dave Stewart che ti fa? Si traveste da Keith Emerson e decolla in un assolo però senza le sue (di Keith) fanfaronate. Tutto così normale, intelligente e bello che non ti sembra manco vero. Poi? Poi si attacca con la sbrodolata (ma brodo buono eh!!) di “Lounging There Trying” dove la chitarra di Phil Miller insegna la melodia agli altri che si dicono: “Beh, e non gli andiamo dietro?”. Si parte così su una LOVE BOAT ebbra e scaltra che attraverso marosi e tempeste si dirige verso acque tranquille. E tu puoi andare sul ponte, ballare e baciar la tua bella al chiar di luna... “(Big) John Wayne socks Psychology on the Jaw” è una introduzione orchestrale dal titolo maestoso (traducete e ridete, se volete), di una qualche solennità che altro non serve che a presentare “Chaos at the Greasy Spoon” dove la mano sinistra di Stewart disegna il ritmo (taaan taan ta taaan, taa taa, taaan, taan ta taan, ecc...) e la mano destra ti appioppa un ceffone di reef che se sei sei volente ti trascina, se sei nolente ti ritrovi un livido. Mentre sfuma “ Chaos...” incomincia la seconda, meravigliosa canzone di Sinclair con testo di Pyle. “Fitter Stoke has a bath” Ecco saggi del Pyle pensiero presi dal refrain del pezzo in questione: “bing billy bong, silly song, going wrong, ding dong ding, dong ding dong, ping pong ping, my head's gone...” Tutto ciò mentre si suppone Fitter Stoke stia annegando nella sua vasca da bagno... In questo pezzo si fa la conoscenza delle Northettes, anzi delle Very Wonderful Northettes (così nelle note di copertina). Tre cantanti che se all'epoca erano sbarbine, oggi saranno matrone: Amanda Pearson, Barbara Gaskin e Ann Rosenthal (alias Northettes) gorgheggiano e acutizzano quà e là nel disco per sottolineare, solennizzare e aerare alcuni pezzi che se no ne sarebbero digiuni. Qui le possiamo vedere mentre, costume da bagnine addosso, salvano Fitter dall'annegamento.

E ora che c'è? Ora, c'è un intermezzo ludico con la voce di Sinclair che diventa piffero e un altro intermezzo (che fan due) in cui gli strumenti giocano come bambini discoli, ognun per il ritmo suo. Quindi il gelo: l'atmosfera si fa cupa e un quasi silenzio potrebbe far dire a qualcuno: “Prevedo tempeste”. Ciò che si dischiude invece alle orecchie dell'ascoltatore degno è un barattolino contenente una delle melodie più straordinarie dei 70. “It didn't matter anyway”. Brano in cui Richard Sinclair s'intrattiene con il flauto di Jimmy Hastings (ehi, chi si vede...) a ragionare su un amore finito. Il flauto di Jimmy, uno dei molti hatfiled aggiunti, avendo ragionato meglio, conclude con un assolo che ti mette addosso un disagio così gradevole e un urgenza così logica che devi dire: “ULLAPEPPA!!!” Con “Underdub” si sale di nuovo sulla LOVE BOAT dI “ Lounging There Trying” stavolta con clandestini a bordo: Jimmy Hastings e il suo flauto che in barba ad ogni logica si fan capitani del battello, conducono la rotta e ci portano verso “Mumps”. “Mumps”, che nel vinile occupava da solo il lato b, è invece una suite in quattro movimenti composta da Stewart che si dipana fra assoli di tastiere e chitarre, brontolii di basso, momenti ora bucolici ora esotici creati dalle Northettes e altre stramberie. L'apice di Mumps lo trovi nella canzone “The Alphabet Song”, dove un Sinclair in vena di celie è impegnato nel salvataggio delle lettere dell'alfabeto da pericoli sconosciuti all'umile recensore. Passa in rassegna le lettere una per una e dedica ad ognuna un pensiero carino. Il tutto per poter dire "Io sono un uomo di lettere, per Dio” (beh, che c'è, non ridete?!? Neanch'io...).

Oh, qui il vinile era finito, ma la ristampa su CD recupera tre pezzi che prima non avevi. “Halfway between Heaven and Hearth” dall'intro mozzafiato e dall'aria da Standard del Jazz, “Oh, Len's Nature”, crimsoniana dei crimson di “Lark's...” “Red” e “Starless...” e “Lying and Gracing” che non vi dico com'è perchè ne ho dette fin troppe. Ciao e statemi tutti bene.

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