Negli anni ’80, come tutti sanno, nasce il metal ad opera degli Iron Maiden. Come tutti i generi musicali nuovi e di successo, almeno sotto il punto di vista commerciale, subito diventa quasi un tormentone. Molti, infatti, ne copiano l’idea e le sonorità. Ecco dunque illustrata l’essenza dell’album “The Chronicle of The Black Sword”. Infatti il disco sembra essere composto da una cover band dei Maiden.
Ritmiche tutte uguali, tanto che, già dopo la prima traccia, risultano stancanti, oltre che nauseanti.
Assoli di chitarra di tipico stampo Iron Maiden, anche in questo caso, dopo che si è sentito il primo, gli altri non si possono più ascoltare perché risultano troppo pesanti da digerire.
Non parliamo poi dei testi, tutti uguali anch’essi, con i ritornelli che ripetono fino all’ossessione lo stesso verso.
L’album è assolutamente inascoltabile, in più tra un brano e un altro vi sono degli intermezzi strumentali che lo fanno rendere ancora più insignificante, odioso e stancante.
Tutto questo che ho appena descritto si trova già all’interno del primo brano, “Song of the Sword”. Tutte le altre tracce sono assolutamente uguali, non ci si crederebbe ma è così. Solo tre tracce si discostano molto dalla linea guida del lavoro degli Hawkwind. Infatti la seconda e la quarta traccia, ovvero “Shade Gate” e “The Pulsing Cavern”, assolutamente strumentali, creano un’atmosfera dalle sonorità tipiche di Alan Parson, tanto che se inserite all’interno di un suo album nessuno si accorgerebbe della differenza. Infine vi è la settima traccia, “Zarozinia”, il motivo per cui quest’album merita un voto così alto. Praticamente vi è solo la tastiera che tiene due note fisse per tutto il brano, con la voce molto delicata e piacevole e una chitarra molto lontana che dà il tocco finale. Insomma l’unico episodio di tutto il disco fatto realmente bene e soprattutto con sentimento.
Infatti l’impressione che si ha ascoltando l’album è che sia stato realizzato senza che nessuno del progetto ci credesse realmente, ma piuttosto che sia il frutto di una oculata e ben studiata operazione commerciale dell’epoca, in cui si è deciso di fare soldi a prescindere dalla qualità del prodotto.
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