Slapp Happy e Henry Cow erano due mondi contrapposti entrati in collisione quasi per caso: gli Slapp scrivevano canzonette pop. I Cow scrivevano di tutto un po' purchè assurdo...

“In praise of learning” è la seconda e ultima opera di questa strana coppia. Uscì nel 1975 subito dopo il precedente “Desperate Straight”. E se in precedenza i due mood differenti trovavano una sintesi perfetta, in “In praise of learning” furono i Cow a farla da padroni. Lo dimostra anche la copertina con il simpatico calzettone tanto caro ai loro fan...

Dunque, per una breve storia ragionata di questi due ensemble vi rimando alla mia recensione su “Casablanca Moon – Desperate Straight”. Ora invece se non vi dispiace passerei a una piccola introduzione per poi parlare del disco in questione. Se si vuole entrare nel meraviglioso mondo degli Slapp Henry, non si può non tenere conto di una slogan: “Rock In Opposition”. Questa sigla negli anni settanta riunì svariati gruppi inglesi che si battevano contro le storture del mondo usando come arma una musica non proprio agevole. E nella back cover di questo CD si trova una frase di John Grierson in perfetto accordo con la filosofia del R.I.O: “ART IS NOT A MIRROR - IT IS A HAMMER” . Ovvero: come ti decostruisco il rock? A colpi di martello, che domande...

La prima mazzata si intitola “war”, composizione dei due Slapp Happy, Peter Blegvad ed Anthony Moore. Si tratta di una sorta di “Kannonen Lied” di weilliana memoria, frenetica ed espressionista. Questo brano, come del resto i successivi, brilla per la prestazione vocale di Dagmar Krause: suo l'ironico, luciferino incitamento a prender parte al gioco folle della guerra. La seconda mazzata è un brano di quindici minuti composto dal tastierista dei Cow, Tim Hodkingson. In “Living in the heart of the beast” troviamo in ordine sparso: frequenti bisticci fra basso e batteria, intermezzi di xilofono che sanno di humour nero, silenzi che non preannunciano nulla di buono e fughe atonali per chitarra e organo. In più, una prestazione “atletica” della Krause alle prese con arie ben poco “cantabili”. Tutta questa raggelante materia sonora volge verso un finale epico, che pur non essendo esente da ombre, annuncia una sorta di ritorno alla luce... (“...Now is the time to determine direction...” ).

Della terza traccia (Beginning: The Long March) e della quinta (Morning Star) non dico nulla perchè nulla mi sembra si possa dire: sono per lo più rumorismi che danno un tono grottesco ad un disco che nonostante tutto a suo tempo ha avuto un piccolo successo di vendita (erano proprio altri tempi...). Notevole il quarto brano dal titolo “Beautiful as the Moon; Terrible as an Army with Banners” dove il canto della Krause e tutta l'orchestrazione sono solenni e il pianoforte di Hodkingson conduce la marcia e la termina con un parossismo dissonante che sgretola dalle fondamenta l'architettura del pezzo.

Insomma martellata dopo martellata un lieto finale proprio non c'è...

Carico i commenti... con calma