Acidissimo “progressive-jazz” che scioglie il geroglifico finale di una stele egizia; rapsodie informi; fascino del criptico, dell’incompleto. Aghi impazziti di bussole marinare, pezzi mancanti di mosaici bizantini.
Le improvvisazioni eteree dei National Health discendono sulla Terra e si fanno carne, si fanno materia. Fitti sciami di oboe petulanti, di ronzanti clarinetti, di sax zigzaganti; volano liberi ed incomprensibili e rimangono invischiati in gigantesche ragnatele di improvvisazioni ritmiche.
Scrittura automatica surrealista che si fa suono, che compone schizzi pasticciati su tele malconce; caotici atelier di pittori compulsivi. Third Ear Band che soffoca i suoi figli psichedelici e ne concepisce altri, melodrammatici ed espressionisti.
Sensazioni in bilico, elettricità nell’aria. Pioverà o non pioverà?
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