In quella minuscola frazione dell'espressione umana chiamata per convenzione rock, geni, inventori, innovatori e via escogitando, si sa, son specie rara. Non sono poi molti di piu' a ben guardare, quelli che, senza "far rivoluzioni" e combinando giusto quei due o tre elementi della materia, sanno scombussolare endorfine, serotonina e chissà che altro, non solo al momento, ma anche "dopo", creando una sorta di strambo effetto "retard", che si riaccende a caso, anche a distanza, come se tatuasse mente e cuore.
Dave Faulkner, classe 1958 da Perth, Australia era ad esempio uno che, di tatuaggi la sapeva lunga. Mamma e papà gli avevano fornito infatti, oltre a voce calda, un po' ruffiana ed intonazione da conservatorio, senso melodico a dismisura; lui aveva poi messo a frutto il patrimonio assemblando, con musicisti rubacchiati qua e la, questi Hoodoo Gurus nella Sidney dei primi '80. Genere? Un signor power-pop, spesso con fiera andatura garage ma senza l'effetto copia-incolla di molti contemporanei dell'emisfero boreale, alquanto energico, certo, ma anche curatissimo nella forma e soprattutto pennellato di melodie magnifiche. Nelle college-radio USA di metà decennio, album e singoli loro giravano che era un piacere ed a sentirli, alle major, veniva letteralmente l'acquolina in bocca.
Oggi l'"aussi-rock" è più demodè di un paio di Clark ma credete, all'uscita di "Blow Your Cool!" (Elektra/Chrysalis 1987, per i più pignoli loro terzo album), ci furono fior di critici che definirono gli H.G. la "miglior rock'n roll band del momento" ed aggettivi quali "epocale" per l'album, si son sprecati anche anni dopo. Forse esageravano, ma provate a scrollarvi di dosso l'impeccabile melodia di "Out that Door" che la voce da sciupafemmine di Faulkner fa volare altissima per quattro minuti buoni od a porre resistenza all'implacabile giro di "In the Middle of the Land" (con l'allora syndacalista S.Wynn ai cori) degno dei migliori Replacements od a quella sfilza di riffs rocciosi magari di un paio di note e stop ("Where Nowhere Is"), ma quelle che ad altri non escono in una carriera e che, assieme a controcanti da manuale d'armonia e ritmi convulsi, fan faville nei brani che chiudono in coppia i due lati. Volendo, si puo' anche tentare di non farsi ammaliare dall'arcana atmosfera di "My Caravan", che sembra tendere una "Sottile Corda Bianca" fra il deserto del Mojave e i secchi altopiani vicino a Perth, ma vorrebbe dire proprio non volersi bene. Certo, la produzione è, rispetto al passato, un tantino troppo levigata, qualche solo di elettrica risulta appena un po' tamarro ed in un paio di occasioni, un rivolo di miele in eccesso, in verità, dai solchi sgocciola ma d'altro canto, alle major, in cambio del patrocinio qualcosa bisognava pur concedere.
Si tratta comunque di effetti collaterali lievi, di norma ben tollerati e che non inficiano la sostanza di quello che è il miglior antidepressivo mai prodotto da questa antica e (poco) rinomata ditta specializzata degli antipodi. Se ne puo' assumere in quantità anche per lunghi periodi senza rischi d'assuefazione ed anche in contemporanea a bevande alcooliche che anzi, ne potenziano l'azione. I benefici e duraturi effetti sul tono dell'umore che ne derivano, sono, mi assumo piena responsabilità, assolutamente garantiti.
(quasi quattro)
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