Eccezionale!
Questo è l’unico aggettivo per descrivere l’ultima fatica in casa Iced Earth: “The Glorious Burden”.
Dopo la fuoriuscita del bravo singer Matt Barlow, il chitarrista Jon Schaffer ha trovato un degno sostituto, una vera icona del metal: Tim Owens, ex singer dei Judas Priest. Molti di voi potrebbero pensare ad una mera operazione commerciale; e invece no, poiché Owens in quest’album tira fuori il meglio di sé, regalandoci delle interpretazioni assolute.
Ma veniamo alle canzoni. “The Glorious Burden” si apre con “Declaration Day”, song composta da un riff tagliente e aggressivo, accompagnato da una doppia cassa precisa e trascinante. Il ritornello si risolve in un coro abbastanza evocativo e patriottico (elemento che ritroveremo per tutto l’album). Questo brano parla della dichiarazione di indipendenza americana, ed è dedicato a tutti i patrioti che morirono per quella causa.
”When The Eagle Cries” arriva giusto in tempo a calmare gli animi. Si tratta della classica ballata, molto dolce almeno nei versi. Il chorus è trascinante, anche se un po’ troppo ripetitivo. Argomento: il disastro dell’11 settembre.
“The Reckoning” è il primo singolo dell’album. Si presenta come il classico brano alla Iced Earth, molto thrash. Owens da una prova vocale mostruosa tenendosi sempre su picchi elevatissimi, arrivando a “stridere” in alcune parti.
Seguono due canzoni molto simili fra loro poiché veloci e aggressive: “Attila” e “Red Baron/Blue max”. La prima si apre con un incipit di chitarra e cori epici. Ancora power, con un refrain di chitarra trascinate ed emotivo (non mancherà di far muovere la testa su e giù!!!). Troviamo anche un accenno di growling da parte di Owens e un bridge fatto di chitarre ossessive e da un coro cupo, che riescono a creare un'atmosfera di tensione. La seconda è molto più thrash della precedente, con chitarre funamboliche e batteria ossessiva. Nel ritornello, il nuovo singer dà un ottima prova vocale.
Non molto interessanti sono “Hollow Man” e "Valley Forge”, due song troppo facilone che non reggono il confronto con le altre. Emotiva e drammatica invece “Waterloo”, nella quale si narrano le imprese di Napoleone. Le chitarre richiamano i Maiden di Piece of Mind e troviamo un Owens come al solito al massimo: ora infuriato, ora triste e freddo l’ex Priest da una marcia in più alla canzone, dando al tutto un tono molto drammatico per una delle song migliori dell’album.
Alla fine, troviamo “Gettysburg”, il brano più rappresentativo del cd: suddivisa in 3 parti (The Devil To Pay, Hold At All Costs, High Water Mark), si articola per oltre 30 minuti ed è in assoluto il migliore brano dell’intero album. La novità è costituita dall’utilizzo di un’orchestra di 55 elementi, che riesce a dare un tocco assolutamente nuovo all’iced-sound. “Gettysburg” è un brano molto realistico e drammatico, con i cannoni e i rombi delle armi di sottofondo, le quali ci trasportano all’interno della battaglia dove persero la vita più di 150.000 uomini. A me è piaciuta molto la prima parte, con un bridge strumentale da brivido, dove le chitarre si amalgano perfettamente con l’orchestra.
I testi sono ben curati e denotano uno Schaffer documentatissimo e informato.
Da notare anche la cura per la copertina, molto bella, e del booklet, nel quale il leader ci illustra il tema lungo il quale si sviluppa l’intero full-lenght.
Infine, a mio giudizio una delle migliori uscite del 2004 e la nuova era per gli Iced Earth non poteva che incominciare nel migliore dei modi.
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