Il '96 è un grande anno per gli FPS.

Duke Nukem 3D è appena stato rilasciato e il mondo PC scopre quasi una personale mascotte in questo carismatico anti-eroe, politicamente scorretto, volgare, misogino e spietato. Insomma una vera icona, destinata a rimanere sotto i riflettori fino alla fine dell'anno, finchè una certa Lara Croft non farà la sua comparsa sotto natale (e il resto della storia la sapete). In mezzo a simili esempi di carisma Id stava piuttosto scomoda. Certo aveva posato i mattoni più importanti del genere e aveva portato all'attenzione dei media un mondo che prima la maggior parte della gente non conosceva minimamente. Però rimaneva il fatto che nessun protagonista dei giochi più importanti del lustro appena trascorso sarebbe mai stato ricordato. Questo significava anche che le proprietà intellettuali rendevano solo in termini di software, nessun merchandising era possibile, e di certo se Duke Nukem e la futura signorina Croft potevano (e avrebbero nel caso di Lara) fare la copertina del TIME, l'anonimo soldato di Doom e il misconosciuto eroe di Wolfenstein mai e poi mai avrebbero avuto lo stesso privilegio. Tuttavia alla ID non importava più tanto di perdersi l'aspetto commerciale esasperato che invece eccitava di brutta la concorrenza. La passione era la programmazione, e l'unica sfida degna di questo nome non era accumulare soldi speculando sul passato, ma superare sé stessi e la concorrenza sotto il profilo tecnologico, anno dopo anno.

Quake nacque quasi per caso. Il motore grafico era ormai pronto, Carmack era fiducioso che il primo engine interamente in 3D poligonale avrebbe fatto scintille, il tool di sviluppo era flessibile e facile da usare e sicuramente mezzo mondo lo avrebbe comprato (cosa che effettivamente avvenne). Mancava l'idea però, serviva qualcosa di più di una demo tecnica, serviva qualcosa che facesse capire al mondo intero che la concorrenza era forse in grado di produrre personaggi più carismatici, ma che la supremazia tecnica della Id era (e sarebbe stata) qualcosa con cui tutto il settore doveva confrontarsi. Il team passava parte del suo tempo libero a giocare a Dungeons & Dragons, e lì venne l'idea di miscelare elementi RPG alla struttura FPS, e d'immergere il tutto in un contesto maya/azteco, con un protagonista che ricordava vagamente un vichingo.

Passò meno di un mese, il progetto venne accantonato a favore di un ritorno all'FPS puro, e l'ambientazione virò al medioevo fantasy. Tuttavia, Carmack non era soddisfatto del look e il team decise di comune accordo di spingersi verso atmosfere più dark pesantemente ispirate a Lovecraft (per curiosità, il boss finale è un certo Shub-Niggurath). Una persona però non era affatto soddisfatta di questa virata sul classico e di questo gioco-prudenza. Romero, che era capo-progettista fin dai tempi di Doom e che era stato mente della società fino a quel momento, annunciò che sarebbe partito alla fine del lavoro. In realtà c'erano altri motivi all'origine di questa decisione, che non fu accolta molto bene dalla community, e i risultati si videro gioco alla mano. Lo sviluppo, che durò poche settimane, aveva preso una strana piega: vennero create quattro ambientazioni per una trentina di livelli, ma nessuno dei gruppi che lavorava aveva la minima idea della direzione in cui stava andando il gioco. Alla fine, messi di fronte a quella che era fondamentalmente una raccolta di mappe, i programmatori non poterono fare altro che scrivere una storia per giustificare il tutto.

Il gioco venne rilasciato all'inizio dell'estate e fu nuovamente un successo planetario. Non si erano mai viste architetture simili, né mostri 3D di tali dimensioni. Per limitare l'impatto del codice sulle risorse Id optò per le librerie opensource OpenGL, in barba a Microsoft e alle sue DirectX. Tuttavia, chi voleva godere del gioco tridimensionale più evoluto della storia non poteva fare a meno di una scheda grafica 3Dfx. Degno di nota anche il comparto sonoro, con nientemeno che Trent Reznor in regia (memorabili le casse di munizioni per le sparachiodi, contraddistinte dalla signa NIN). La comunità virtuale si mise alacremente al lavoro su nuovi mod, e con i modem a 56k finalmente disponibili dall'altra parte dell'oceano (cioè in Europa, cosa pensavate?) il multiplayer di massa mosse i primi passi. Gli scontri smisero di essere duelli uno contro uno, si cominciò a parlare di squadre e di clan, e il concetto di competizione elettronica nacque proprio coi deathmatch di Quake. Certo, eravamo lontani dalle modalità e dai numeri che seguirono pochi anni dopo, ma il balzo in avanti rispetto a Doom era notevole.

Come annunciato, Romero lasciò Id al rilascio del gioco, e partì per la sua strada con un paio di progetti in testa, fondando poco dopo Ion Storm, società che nel bene e nel male avrebbe avuto qualcosa da dire. Al ruolo di capo-progettista subentrò proprio la sua nemesi interna ad Id, un certo American McGee, anch'egli destinato a far parlare molto di sé. Qualche tempo dopo l'uscita di Quake, Carmack ammise che il gioco non era quello che avrebbe voluto, ma che era comunque molto soddisfatto per come le cose erano andate e per l'impatto incredibile che il progetto aveva avuto. Non si sbagliò riguardo al motore, e il Tech1 divenne la base di un'infinità di giochi di varia natura, tra cui Half-Life.

Il gioco avrebbe avuto tre seguiti nel decennio a venire, molto diversi tra loro per ricezione ed impatto sul mercato, dal buon livello del secondo, al trionfo online globale del terzo, fino al mezzo flop del quarto (quest'ultimo sviluppato però da Raven, non da Id). Quake rimane un mondo a parte, con una community più viva che mai, prolifica, non curante di quanto la circonda e del tempo passato, e anche se il nome della saga è ormai divenuto sinonimo del terzo capitolo più che del primo, basta fare un salto su QuakeWorld per capire quanto il gioco sia più vivo della maggior parte dei prodotti immessi or ora sul mercato. Il che non è male, con tredici anni sul groppone.

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