Il Ciclo di Bethe – Evo Barbarico: Memorie, Radici e Acciaio

Quando la memoria diventa resistenza sonora

Mentre in molti si interrogano sulla ventilata riunione dei CSI, sogno collettivo che da anni alimenta la nostalgia di una generazione, c’è in Italia un gruppo che ne ha raccolto lo spirito più autentico. Non per imitazione, ma per affinità etica, estetica e visiva: Il Ciclo di Bethe.
Un progetto che, pur restando fieramente ai margini del mercato e delle logiche promozionali, rappresenta forse la più diretta e coerente emanazione di quella tradizione di musica militante e poetica che unisce Teste Vuote, CCCP e CSI.

Con “Evo Barbarico: Memorie, Radici e Acciaio”, e in particolare con il primo volume “Memorie”, il collettivo guidato da Alexandro Sabetti conferma quanto già si intuiva dopo Novecento: siamo di fronte a uno dei gruppi italiani più intensi, coraggiosi e creativamente vivi del panorama contemporaneo.
E Sabetti, già tra i fondatori degli Argine primordiali, si conferma uno dei migliori songwriter italiani — complesso, visionario, sottovalutato da un panorama musicale asfittico, ma per fortuna ancora libero di rivolgersi ai veri appassionati, a chi cerca canzoni con la C maiuscola.


Una rivoluzione musicale permanente

“Non stiamo pubblicando un disco. Stiamo aprendo un fronte.”
La frase-manifesto del gruppo sintetizza perfettamente la natura di Evo Barbarico: non un album tradizionale, ma un progetto in tre atti che si sviluppa lungo un intero anno, un’opera in divenire che mescola memoria, identità e resistenza.
Il primo capitolo, “Memorie”, raccoglie cinque inediti e due bonus track, per un totale di quasi quarantacinque minuti di suoni, testi e visioni in costante dialogo tra passato e presente.

L’apertura con “Nazione” — prodotta da Cristiano Santini (Disciplinatha, Dish Is Nein) e Riccardo Sabetti (This Eternal Decay) — è un pugno nello stomaco: un muro di suono dove elettronica, techno e punk convivono in un rituale collettivo, spietato e lucido, che gioca con gli slogan reazionari generando controsensi, ridicolizzando il presente ma anche rivendicando un alterità perduta..

Segue “Cronacart”, con la voce calda e magnetica di Andrea Chimenti, che trasforma la memoria in preghiera laica. È un brano ipnotico e malinconico, quasi una ballata elettronica che parla del passato per raccontare il presente.
“NATO con le ore contate”, interpretato da Massimo Baiocco, si muove invece tra teatro brechtiano e sperimentazione sonora, in un crescendo drammatico e politico.evocativo. Il gio co di parole tra Nato e N.A.T.O. è il centro del brano.

Con “Mantra (L’imponderabile elemento della pecora)”, il gruppo costruisce un paesaggio sonoro sospeso tra psichedelia e stoner, mentre “La verità” — con il funambolico Andrea Ra al basso e in duetto con Trinity — è una sorprendente costruzione sonora che fonde un incedere dance aggrovigliato al passo groove funk/punk di ra, per sfociare nell'elettronica kraut in stile DAF. La verità a cui allude ilt esto è la fotografia mediatica del nostro tempo.


Memorie e radici, tra omaggi e rielaborazioni

Il disco si chiude con due omaggi che rappresentano le radici del progetto:
“Die Beine von Dolores” dei Pankow, registrata live al Circolo Arci Ribalta di Vignola, baluardo della controcultura italiana, e “Xaviera Hollander” dei Diaframma, riarrangiata e reinterpretata con la voce di Riccardo Sabetti.
Due scelte non casuali: se i Pankow incarnano l’anima industriale e corrosiva degli anni ’80, i Diaframma rappresentano la parte più lirica e decadente di quella stessa epoca.

Prodotto da Verso Productions in collaborazione con Kulturjam Edizioni, Evo Barbarico è un disco che rifiuta la neutralità. È un atto estetico e politico, costruito su una rete di collaborazioni che restituisce alla musica indipendente italiana un senso di comunità e di necessità.

Nel tempo della musica usa e getta, Il Ciclo di Bethe propone invece un’idea di arte come resistenza, di canzone come gesto di libertà.
Non un prodotto, ma un percorso.
Non un ritorno al passato, ma una nuova avanguardia.

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