"I musicisti sono un'avventura tra la terra e il mare"
Se solo facessimo un po' più di attenzione a tutto ciò che ci circonda forse ci accorgeremmo che esiste tanta musica che percorre strade più o meno nascoste al grande pubblico e ai media. Esistono centinaia di artisti che con tanta determinazione portano avanti le loro idee, affrontando mille difficoltà, non ultima quella di farsi conoscere, mentre in radio girano sempre le stesse canzoni e su Mtv gli stessi video. "Il Parto Delle Nuvole Pesanti" è un gruppo che per me rientra in questa categoria di musicisti non sufficientemente conosciuti rispetto al loro valore, che confermano in questo disco, giunto alle stampe a quattro anni di distanza dal loro ultimo lavoro in studio. In questo lasso di tempo il gruppo ha partecipato allo spettacolo teatrale "Roccu U Sturtu", riletto insieme a Claudio Lolli il suo disco più celebre ("Ho Visto Anche Degli Zingari Felici") e realizzato la colonna sonora del documentario "Doichlanda" basato sulle storie degli emigrati calabresi in Germania. Tutto questo lavoro fra musica, cinema e teatro confluisce in questo disco, che mostra di avere molti elementi interessanti già dalla scelta dei musicisti coinvolti nella sua realizzazione: Claudio Lolli, Paolo Jannacci, Davide Van De Sfross, i Chichimeca, Amy Denio, Marco Messina (99 Posse).
Settanta minuti di musica fra canzone d'autore italiana ed influenze della musica popolare. I testi sono spesso sarcastici, si prenda ad esempio la dinamica "Onda Calabra", in cui si ascolta un tedesco maccheronico tipico dell'emigrato italiano all'estero. La musica è a volte trascinante, come in "Sono Io L'imperatore" nella quale i musicisti accostano una dinamica tarantella con i suoni dell'inno sardo "Procurade E Moderare" ed il canto lombardo di Davide Van De Sfross ("Sur Padrun"). Fa sorridere l'accento americano della cantante Amy Denio quando intona le parole di "Capatosta"; coinvolge il ritmo di "Banaltango"; ed è impossibile non menzionare le cover di "Ognuno E' Libero" di Luigi Tenco e de “La Guerra Di Piero” di Fabrizio De André. Entrambe si distanziano dall'originale il tanto che basta per rendere l'operazione non banale, ma sentita.
Per promuovere questo progetto i nostri eroi hanno preso un furgone, ci hanno caricato i loro strumenti e le loro anime, quindi, hanno iniziato a vagare per l'Italia realizzando piccoli spettacoli (showcase) in luoghi insoliti come librerie e caffè letterari, con un ensemble acustico ridotto, ma efficacissimo. I loro spettacoli non sono veri e propri concerti, ma una sorta di dialogo aperto con il pubblico. Invero, questi sono meglio di un concerto, forse perché il mezzo prescelto consente di ricostituire un contatto diretto che dà al musicista la possibilità di guardare negli occhi gli spettatori, raccontandosi in un modo libero e non formale. Ho avuto modo di assistere ad una di queste esibizioni e devo dire che il pubblico si è divertito molto. Una sessantina di persone (12 secondo la questura) hanno affollato un piccola libreria che nelle due ore seguenti si è riempita di risate, ironia e un pizzico di malinconia. E questi in effetti sono gli ingredienti principali di questo disco, che secondo me vale più di un ascolto.
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