Mi collego alla mia recentissima rece di “Tuscany” dei Renaissance per propagare ancora qualche stilla della succosa storia di questo gruppo, alcuni aspetti della quale non avevo considerato nel citato scritto per non dilungarmi troppo. Eccoci qua, allora.
Dunque, si diceva dei due tizi, cantante e batterista di un seminale gruppo rock blues londinese della prima ora chiamato Yardbirds, che nel 1968 lasciano e vanno sorprendentemente a fondare un gruppo classical pop(!) chiamato Renaissance.
Il loro ruolo in questa formazione termina (quasi) al secondo lavoro, chiamato “Illusion”. Il quasi si riferisce al fatto che una delle canzoni del terzo album “Prologue” dei Renaissance porta ancora la firma del batterista. Ma suonatori e cantanti in “Prologue” son tutti nuovi; per fortuna già da “Illusion” si erano avvicinati alla formazione il futuro e definitivo nuovo compositore, un chitarrista acustico di nome Michael Dunford, e la futura e definitiva paroliera, un’insegnante della Cornovaglia accanita lettrice di buoni libri dell’ottocento e del novecento. Lo schema operativo con lei era che Dunford le spedisse, via posta, cassette demo dei nuovi brani con le parti cantate solo gorgheggiate, senza testo. La professoressa Betty Thatcher in breve tempo forniva riscontro, spedendo sempre per posta i relativi testi. Che bello!
Che fanno i due tapini ex-Yardbirds (poi Led Zeppelin!) ed ora anche ex-Renaissance (poi ancora Renaissance, ma con tanto di consistente successo agguantato di lì a poco, e senza di loro)? Cadono in depressione? Si sparano? No, ci riprovano qualche tempo dopo, rifondando i Renaissance iniziali più o meno con gli stessi musicisti dei primi due album. Il vecchio monicker però è inutilizzabile ed allora optano con grande fantasia per… “Illusion”. Ulteriore sfiga vuole che intanto ci lasci la pelle il cantante: Keith Relf nel 1976 muore fulminato da un corto circuito elettrico che investe la chitarra che sta suonando nella sua cantina.
Questi Illusion pubblicano due album, uno nel 1977 ed uno l’anno dopo: pregevoli, quasi allo stesso livello dei Renaissance II, quantomeno. Anche perché la cantante Jane Relf, sorella del povero Keith, ha un eccellente emissione, non spettacolare come la Annie Haslam che aveva preso il suo posto nei Renaissance, ma decisamente più calda, accogliente, tenera, empatica. Però il successo non arriva e la formazione è costretta a disperdersi.
Ed arriviamo a questo disco: passano gli anni, giunge il 2001 e il buon McCarty ha messo insieme qualche canzone e ci riprova. Al nome del gruppo fa disperatamente precedere il fatidico Renaissance, così, tanto per agganciare qualche ascoltatore non del tutto distratto in più. Pianista, bassista e la fida Jane sono quelli di sempre. Va bene? E no che non va bene, perché:
_McCarty non è mai stato, e mai sarà, un valido compositore, di sicuro non al livello del povero Michael Dunford (mancato nel 2012), fra gli artefici della fortuna dei Renaissance capitolo Due.
_Si permette di emarginare l’ottima Jane Relf ad un ruolo di corista, quando lei ha una voce tremila volte migliore della sua, dolce appassionata e sexy mentre lui, qui già anzianotto, sembra un Waylon Jennings un pelo meno arrotato di pronuncia; insomma più country che folk, e di sicuro zero progressive.
_I pezzi: sono canzonette anonime, non vanno da nessuna parte. E’ pop elegantoso di mediocre appeal e il pianista John Hawken, con tutto il suo squisito tocco sullo strumento, non ha modo e spazio di portarlo alla dignità delle sbrodolate classicheggianti di una volta che di sicuro, così ridondanti e gonfie, avrebbero suonato fuori tempo massimo, nondimeno confermando uno stile personale e storico, un mondo Renaissance che bene o male ha la virtù di essere precipuo e riconoscibile.
‘Sti batteristi aspiranti frontman fanno sempre danni. Stessero dietro a dare il tempo, il ritmo, il drive alla banda, invece di comporre musiche prive di interesse e venire avanti a cantare, con modesti esiti. Phil Collins dei Genesis l’epitome assoluta di questa categoria, mannaggia.
Carico i commenti... con calma