Interno.
Muri in pietra affrescati. Navate, volte, panche in legno.
Penombra, illuminazione fioca proveniente da alte vetrate istoriate.
Sussurri composti e monotoni; nuvole d'incenso galleggianti nell'aria.

Passi, poi rumore di ginocchia su un cuscino in pelle sintetica.
La grata del confessionale scorre lungo guide mal oliate.

"In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, amen"

Mi perdoni padre, perchè ho molto peccato.
No, la prego, non mi interrompa, o non avrei più il coraggio di parlare. Lei non sa quanto mi costi essere qui oggi.
Vede padre, io posso sembrarle una persona rispettabile. Se mi vedesse fare disciplinatamente la fila al cinema dietro l'angolo per l'ultima noiosissima uscita di Almodovar, con i rayban nel taschino della giacca, il casco appeso al braccio e il biglietto stretto tra le dita della mano, probabilmente non noterebbe nulla di particolare in me.
Potrei essere uno dei tanti ragazzi che si incontrano davanti ai tranquilli pub delle vie centrali - quelli che passano quella roba indie che va tanto di moda - con i miei capelli rasati e i miei abiti casual ben portati su un fisico evidentemente sportivo.
La mia famiglia non fa che rallegrarsi dei miei continui successi universitari, e anche lei, se conoscesse la persona che sono sul lavoro - sa, mi occupo di servizi di sicurezza - non esiterebbe a definirmi un giovanotto con la testa sulle spalle.
Forse vorrebbe darmi una tiratina d'orecchie per il mio giro di...amicizie...femminili che, lo ammetto, è un tantino troppo vasto; ma mi accorgo dal suo sorriso indulgente che mi riconosce le attenuanti della giovinezza e della spensieratezza. D'altra parte le assicuro che se interrogasse quelle belle ragazze sul mio conto, non sentirebbe tessere altro che lodi.

Il problema è un altro padre. Come quella di tutti i più grandi peccatori, la mia colpa si consuma nel segreto; di essa la mia vita sociale quasi non risente
Accade che ci siano momenti in cui sento qualcosa spingere contro le pareti interne del mio petto, una pulsione interna bestiale e incontrollabile. Allora, nel silenzio della mia camera da letto, o nel traffico cittadino, con l'ausilio di lettore mp3 e auricolari, il viso riparato dal casco integrale, ascolto Black Metal. Ultimamente, in particolare, non riesco a togliermi dalla testa questo "Suomi Finland Perkele" degli Impaled Nazarene.
La prego, non si adiri in questo modo. Come dice? Il loro messaggio, così come quello di tutto il genere, è esplicitamente blasfemo? Vi si predica l'odio contro Dio, la razza umana e persino se stessi?
Beh, non è proprio questo il caso classico padre, ma allargando un po' il discorso a tutto il BM, direi che ha inquadrato bene la situazione. Come posso tollerare una corrente musicale che si sostenta sul malessere delle persone e ne alimenta le cause?
Ferma restando l'enormità del mio peccato, le dirò che nei vari special televisivi, nei tg, nei programmi di intrattenimento e persino nella pubblicità, non vedo nulla di diverso. E, in fondo, meglio musica in grado di toccare corde profonde dell'istintualità umana e che si sostenta sul malessere, piuttosto che musica fredda, intellettuale e di tendenza che si sostenta sulla stupidità.  Oh, ma mi accorgo dal brillare del suo sguardo che riconosce l'album in questione. Sì, padre, è proprio della band finlandese che stiamo parlando, attiva dal 1990, tra le cui fila si annoverano alcuni dei personaggi più folli della scena scandinava; primo tra tutti Mika Luttinen, l'allucinato singer, nonchè frontman.
Come dice? Musica rozza, "m*rda per 16enni metallari"? Andiamo padre, non si scaldi ora, o finirà per sputacchiarsi sulla tonaca, la qual cosa sarebbe molto più black metal di quanto imposto dalle convenienze. Lei ha mille volte ragione. Ma vede, sarà anche rozza, dozzinale, suonata coi piedi e cantata peggio, ma quando parte "Vitutksen Multihuipennus", in quel tumulto bestiale di doppia cassa, urlio torturato di chitarre e voce sguaiata, io mi sento bene.

E le sembrerà assurdo, ma sfrecciando in mezzo al traffico sulle note di "Blood Is Thicker Than Water", pesante e cadenzata ma epicamente melodica, mi pare quasi che il mondo non faccia così schifo. Pensi che quasi mi dimentico degli alternativi, quelli che per sentirsi vivi hanno costantemente bisogno di criticare qualunque cosa gli si pari davanti, e anche degli pseudointellettuali: quelli seduti ai tavoli delle birrerie, intenti a buttare la proprio giovinezza in dispute fantapolitiche intavolate tanto per attirare un po' di figa.
Tanto per rimanere in tema, ha mai ascoltato "Steelvagina"? No? Io dico che dovrebbe. Tra l'assalto devastante della batteria e lo snodarsi dei riff taglienti poterebbe ritrovarsi a provare quell'esaltazione bestiale che oggi è ritenuta infantile e sconveniente.

Oh, capisco la sua indignazione. Le pare di intuire un certo qual contenuto nazistoide nell'iconografia e nei testi? Sa, la questione è già stata sollevata, e qualcuno le darebbe sicuramente ragione. Io mi limito a dirle - perdoni l'espressione - che non me ne frega un c*zzo. L'odio è odio, e la rabbia non ha bandiere. Se a lei sembra tanto importante scoprire quale uniforme è stata cucita addosso a tali sentimenti, si accomodi pure. Nel frattempo io preferisco spararmi in vena una bella dose di insensato furore ascoltando "Total War - Winter War", con il suo incipit militaresco e le sue tempistiche assassine. Mi pare quasi di sentirle, quelle linee melodiche rozze e gelide, cavalcate dall'assatanato scream di Mika...lei non sente?

Non importa. In ogni caso, non si agiti in questo modo. Se lei potesse capire, le parlerei anche della furiosa "Genocide", del suo pathos crescente che culmina in una deflagrazione caotica di distorsioni chitarristiche. Mi esplode nelle orecchie in questo esatto momento...
Ma deve sapere che il peggio deve ancora venire, nonostante lei mi sembri già abbastanza turbato. Eccolo qui, infatti. Come, non sente? Eppure giurerei che gli Impaled Nazarene stiano tenendo un live proprio qui in canonica.
Questa, padre, è "Ghettoblaster". Vorrei che lei potesse apprezzare la cadenza martellante, il susseguirsi rapido dei riff trascinanti, la voce sguaiata e maligna. Vorrei che, per un solo istante, lei e tutti quelli che al suo posto avrebbero sollevato le sue stesse obiezioni poteste sentirvi animalescamente liberi, furiosamente esaltati come mi sento io quando sento Mika vomitare cazzate tipo "damnation inferno, designed to end it all".

Allora padre, credo di aver finito; veniamo al dunque. Mi assolve? No? Beh, poco male, non ci speravo, e le dirò che forse non lo desideravo neppure.
Ma mi permetta un'ultima domanda. Lei sa di essere morto?

Colpi dall'interno del confessionale; rumori secchi di ossa sfondate.
Passi. Una canzoncina fischiettata.
Si intuisce qualche successione di parole come "Ghettoblaster, Apocalypse, Kill".
Una porta stride sui cardini, poi si chiude fragorosamente.
Silenzio

 

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