Gli IQ hanno preso il vizio di esagerare, di fare le cose in grande. Con il precedente album lo avevano fatto in maniera ufficiosa, presentando il secondo disco come un bonus senza risultare davvero credibili, forse non erano sicuri che la cosa funzionasse e piacesse, ma stavolta invece si tratta ufficialmente di un doppio album. E ancora una volta il risultato è incredibile, la storica band neo-prog mette in campo tutta la propria esperienza e perizia per realizzare un album ancora una volta grandioso, come sempre hanno saputo fare.

Lo stile di “Resistance”, undicesimo album della band britannica, è grossomodo quello oscuro e dai suoni timidamente duri dei precedenti due album, dall’ultimo in particolare eredita la voglia di sperimentare suoni particolari, anche se con un coraggio un pochino meno dichiarato, mentre da “Frequency” attinge l’atmosfera in un certo senso fantascientifica, nel complesso sembra essere la perfetta via di mezzo fra i due lavori. La copertina che sembra ambientata su un pianeta Marte baciato da un sole infuocato quasi prossimo alla fine del suo ciclo sembra davvero introdurci all’atmosfera dell’album.

Se “The Road of Bones” aveva un primo disco più tradizionale e un secondo più sperimentale qua succede il contrario. Il primo disco si caratterizza per sonorità che potremmo definire “aliene” o “spaziali”, i brani in esso contenuti potrebbero essere inseriti in qualsiasi film di fantascienza e calzare a pennello, non è affatto proibitivo accostare l’ascolto ad un viaggio nello spazio a bordo di una navicella ma anche ad un cielo notturno nero e apocalittico allietato però da una fitta striscia di stelle, è un po’ come stare a guardare le stelle su un prato lontano dalla città in una notte fresca e ventilata.

Suoni elettronici oscuri e appena udibili, melodie tutt’altro che romantiche, chitarre timidamente dure senza alcun intento metal, brani ritmicamente composti e ordinati nonché spogli di un certo dinamismo strumentale, sono questi gli ingredienti caratteristici in questa prima metà dell’opera, nello specifico sono alla base di brani come “A Missile”, “Rise” e “Stay Down”. Un’atmosfera poi da vera invasione aliena la si riscontra in “Alampandria”, dove un tappeto vibrante e schizzi sonori malati e psichedelici sembrano davvero dare l’idea del rombo di una navicella che atterra in un campo in una notte silenziosa. Il brano che più si discosta dallo spirito dell’album è senz’altro “If Anything”, che offre un’insolita incursione nell’ambient e nella new age rilassante, una canzone più che mai da divano di sera dopo una giornata di lavoro stressante, sembra che comunque la sua presenza nell’album non sia casuale, sembra avere la funzione di spezzarne per un momento l’atmosfera tesa ed offrire un momento più puro e terreno. Una melodia più sognante e delicata più vicina al classico approccio IQ la troviamo anche in “Shallow Bay” ma quel drumming teso e nevrotico la pone in linea con l’atmosfera inquietante. I 15 minuti di “For Another Lifetime”, introdotti da suoni che ricordano quelli di un harmonium, fanno invece da ponte verso il secondo disco, un crescendo di intensità e di dinamismo strumentale che si dissolve nell’estasi melodica del lungo finale, una composizione più prossima allo stile IQ che ci suggerisce come sarà il secondo disco.

Il secondo cd sperimenta meno ed è più nel tipico stile IQ, sempre però mantenendo un approccio più o meno oscuro e senza che vi sia un significativo divario stilistico fra i due dischi. Il sound è meno spaziale e più terreno, in ogni caso sempre notturno o perlomeno crepuscolare, a prevalere stavolta sono le composizioni lunghe, elaborate e strumentalmente dinamiche, le chitarre sono meno dure e le melodie più ariose e sognanti, uno stile più tipicamente neo-prog prende il sopravvento. Le due lunghe suite difficilmente possono deludere gli amanti del progressive, “The Great Spirit Way” offre 21 minuti davvero sublimi, un’intro cerulea e silenziosa, tastieroni inquietanti, fughe strumentali, accelerazioni improvvise, linee di basso robuste, soli vorticosi di organo e sintetizzatore, una sezione centrale lenta e sognante quasi da paesaggio lacustre, tutto un mix di soluzioni che non possono lasciare indifferenti; “Fallout” invece è meno spregiudicata e forse può sembrare un po’ dispersiva e tirata per le lunghe ma con la sua varietà di soluzioni viene difficile pensare di volerne tagliare anche solo un pezzo, in ogni caso l’intro e l’outro sono un bellissimo esempio di ambient psichedelico e abissale. “Perfect Space” riesce a concentrare tutto in una durata meno consistente, “Fire and Security” è al contrario un brano ordinato e focalizzato sulla melodia, una melodia abbastanza semplice, fresca e rilassata.

Passano gli anni, ora sono quasi 40 e sappiamo come è difficile mantenere l’ispirazione così alta per tanti anni, tante band dopo così tanti anni non sembrano più così ispirate, gli IQ invece più invecchiano più maturano e crescono, tanto che i lavori recenti possono dare filo da torcere a quelli più vecchi. “Resistance” non può che soddisfare gli amanti del neo-prog.

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