Un paio di premesse. Iride, sono il gruppo di Alessio, noto spaccamaroni del sito. Quindi chi legge queste righe potrà pensare che io stia da una parte (oppure dall'altra, è indifferente). In effetti mi ci sono volute molte settimane prima di iniziare a buttarle giù. Paradossalmente, appare normale che un giornale musicale recensisca il disco di un gruppo la cui casa discografica ha comprato una pagina pubblicitaria del medesimo (Digressione: una nota band italiana ha portato a casa un bel 9/10, per la più recente uscita, sul numero di febbraio di un mensile che si direbbe si occupi di rock alternativo, e di chi, vi è la réclame, in ultima pagina? Poiché odio la dietrologia, mi pongo solo qualche dubbio: li ho visti una volta dal vivo e dopo dieci minuti ero al bar). Essendo il DeBaseriano medio, puro e duro, mi immaginavo già la fucilazione. In ogni caso Ale non mi ha promesso nulla, manco una pastiera. Mi ha solo mandato il primo full-length della sua band perché voleva un parere. Tenuto conto che i gruppi italiani che io adoro, a lui fanno schifo (e viceversa), non ne comprendo il motivo. Ma eccolo.

E' bene subito dire che con le predette idiosincrasie (e con la leggera nausea che mi viene di fronte a tutte le band emergenti italiane), ero pronto a far finta di nulla (purtroppo i cd sono di difficile riciclaggio). Ed invece... piacevole sorpresa.

Iride sono in tre: chitarra, basso e batteria. Il bassista canta pure. Che musica fanno? Una sorta di post-rock di ascendenza Chicago. Mi pare. Ma Louisville non è lontana. O forse è Washington. A me sono venuti in mente i Jawbox, ma la butto lì di ignoranza, perché a casa non ho nemmeno un loro disco. La produzione è affidata a Giulio Favero, già One Dimensional Man, ora Teatro degli Orrori.

Le cose positive. Le canzoni durano poco (dieci per vent'otto minuti). I ritmi sono spaccati, cambiano di sovente, come accade spesso in questi anni. Ma senza troppe forzature e quindi il tutto mantiene un bel tiro. E' sì musica fatta più di muscoli, che di testa, ma, per fortuna, senza troppo testosterone. Le derive strumentali, più di una azzeccata, soprattutto quella finale di "Guglielmo II", assolutamente superba. Il pregio maggiore mi sembra sia che Iride assomigliano a molte cose, senza peraltro assomigliare troppo a qualcuno in particolare (e questo credo sia il miglior complimento che una band italiana al disco d'esordio possa ricevere).

Quel che non mi piace. Il cantato innanzitutto. Troppo monocorde e di semplice accompagnamento alla melodia già delineata dagli strumenti. I testi si comprendono poco. Ci vuole coraggio a cantare in italiano, non lo metto in dubbio, ed è difficile. Ma quel che si ha da dire, deve risultare. Qui capisco male, e quasi nulla ricordo.

In cauda venenum. Il pezzo migliore, è la canzone che chiude il disco, "d'IO". E non ha molto a che fare col resto. Una ballata acustica, intima e sospesa. Dolente. Esagero, ma non troppo, dicendo che è la miglior canzone italiana che ho sentito ad oggi quest'anno (assieme a "Il Paese è Reale", of course).

Infine, Iride possono, anzi, devono, migliorare. Le porte sono aperte, e questo è ciò che conta. Concedete loro anche più di un ascolto, lo meritano (sul sito del gruppo, nello spazio, potete anche scaricare il cd gratuitamente). Date loro una chance, e poi fatemi sapere. Ogni parere è ben accetto.

Per M: non ho ancora imparato come si scrive length, e controllo sempre...

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