La biografia di Italo Svevo è, a somme righe, quella di un impiegato "everyman", senza troppa importanza presso il suo ufficio e la sua società, desideroso di evadere dalla nullità percepita nel suo ego e dalla vacuità di tutti i giorni attraverso la letteratura, lo studio e la cultura di un intelletto altresì alienato e svuotato. Il processo di evasione attuato da Svevo è comunque curioso e degno di essere annoverato fra le genialità intellettuali prodotte durante lo scorso secolo: Aaron Hector Schmitz, vero nome del triestino incastonato inevitabilmente fra germanicità, italianità e influenze slaveggianti, trasferisce nella sua produzione "liberatoria" i drammi, le passioni, il conflitto, lo straniamento e la miseria della vita dalla quale cerca di fuoriuscire. Svevo, in poche parole, afferra il proprio io nullificato e lo eleva a dignità letteraria, senza edificare mondi lontani, costruire fantasticherie altri e sognare una realtà positivista di fatti accertati, scienze esatte e dati inoppugnabili.

Svevo, al pari degli alter duplicati nei propri lavori, faticò parecchio per giungere al successo, alla notorietà o, più semplicemente, al minimo appagamento del sé dilaniato dalla crisi esistenziale dell'uomo vuoto. Una Vita, il primo romanzo, pubblicato nel 1892 sotto il celeberrimo pseudonimo conciliatore di cultura tedesca e italiana, venne pressoché ignorato dall'intellighenzia mitteleuropea e mediterranea e siffatto destino riservarono a Senilità e a La Coscienza di Zeno sino a quando il supporto di mostri sacri come Joyce, uno dei maggiori estimatori di Svevo, e Montale cominciò a destare qualche misera curiosità nelle bieche case editrici, poco propense a promuovere le opere di uno dei decadentisti più affascinanti del primo Novecento. La sorte fu ancora più maligna per il nostro Italo che morì a seguito di un incidente stradale, un decesso che, almeno in questi ultimi anni, è quello di un "uomo qualsiasi", di un individuo innominato.

La trama di Una Vita è solo apparentemente semplice. Alfonso Nitti, giovane ventenne pervenuto in una Trieste mai citata dalle campagne del Friuli, lavora come corrispondente presso una filiale bancaria, sottomesso dal cupo ed enigmatico direttore Maller e pressoché ignorato dai colleghi. La vita di questo ragazzo cambia improvvisamente quando viene introdotto presso il "salotto" di adepti che si incontrano ogni mercoledì presso l'abitazione del capo, Maller appunto: qui Alfonso inizia a corteggiare, un po' goffamente e sbadatamente, la figlia Annetta, capricciosa giovincella in grado di circuire e ingannare senza pietà i pretendenti. La relazione fra i due viene bruscamente interrotta dal ritorno di Nitti verso la casa natale, ufficialmente per assistere la madre malata, una sorta di fuga che l'amata stessa gli consiglia di intraprendere per "fiscalizzare" ufficialmente l'unione e renderla accettabile e sopportabile agli occhi di casa Maller. Le ferie di Alfonso, prolungate per la malattia e il decesso della madre (che in realtà considerava in salute e non paventava minimamente una morte così rapida e tragica), si trasformano invece nell'occasione, da parte della malvagia Annetta, di rompere il legame con il giovane e fidanzarsi con il più altolocato Macario. Nitti è così interdetto, pur senza palesazione concreta, dai Maller, ricompensato dall'ex amante con un odio e una diffidenza uniche e allonatato dai favori del direttore il quale intende persino relegarlo alla contabilità. Sotto il peso di queste minacce, offuscato dal disprezzo di Annetta, Alfonso trova nel suicidio l'unico rimedio a un'esistenza reietta e vacua.

Il personaggio di Alfonso Nitti è interessante da analizzare e comprendere, forse per la moltitudine di aspetti e sfaccettature che si insinuano nel suo ego e nella sua psiche. "Inetto" e "idiota" come nella migliore tradizione decadentista, Nitti è un uomo privo di coraggio, volontà, sicurezza, voglia di agire, determinazione e decisione. Contraltari di tutta questa carenza di "energia vitale" sono un profondo orgoglio quasi infantile (tipiche le sue vaghe eppure scocciate ed enfatizzate risposte agli interlocutori) e una sorta di mix fra apatia, egoismo e insensibilità: di fronte al dolore altrui (che non rappresenti quello di persone a lui strettamente care) sembra provare fastidio, timoroso - probabilmente - di palesare un'inattività già dimostrata ampliamente nei suoi gesti quotidiani. La sua relazione con Annetta, poi, rappresenta il culmine di tutto questo calderone di inespressività, il tentativo fallito di far rivivere il mito del gentiluomo romantico ottocentesco. La figlia dei Maller veste difatti i panni di una donna fatale ante-litteram, capace di ammaliare l'amante imberbe, farlo cadere in una ragnatela lussuriosa, abbandonarlo in un oceano di false promesse e rinnegarlo una volta ritoccata terra. Ed è così che la tragica soluzione che Alfonso escogita per liberarsi da un male di vivere iper-decadente, privarsi di un contegno che, sebbene con notevoli inceppature, non è mai sconfinato nella pantomima e nel dramma teatrale. E' il finale, quasi concordante, di una vita, una delle tante, negletta e reietta, l'esistenza di un inetto che forse non sa di esserlo e forse non vuole esserlo.

Sebbene lontano dall'apice de La Coscienza di Zeno, Una Vita annuncia prepotentemente l'approdo di Svevo sullo scenario letterario italo-europeo, un approdo terribilmente in sordina che meritava una migliore accoglienza e una corretta comprensione da parte di una massa borghese incapace di riflettere sulla nullità dell'esistenze modellate "a stampino", private del "surplus" insito nell'animo del vero Uomo e non dell'Inetto che è tale senza volerlo essere.

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Altre recensioni

Di  NationalAcrobat

 Alfonso preferirà fino alla fine evadere da una più sempre castrante e grigia realtà rifugiandosi nei sogni, dove in maniera molto freudiana vengono esauditi i suoi più intimi desideri.

 Se si può giungere a provare anche simpatia per uno Zeno Cosini, si arriva sicuramente a provare pietà, velata da disgusto e biasimo, per un Alfonso Nitti troppo spaventato per cogliere l'occasione che gli si presenta davanti.