Nel 1892 Italo Svevo pubblica il suo primo romanzo originariamente intitolato "Un Inetto", successivamente e definitivamente "Una Vita".
Il romanzo racconta la storia di Alfonso Nitti, impiegato di banca con ambizioni letterarie, conoscitore del latino e appassionato lettore di poesie, a disagio nel ruolo che ricopre all'interno della società, circondato da un'umanità ai suoi occhi meschina e ignorante. Una svolta nella vita di Alfonso Nitti sembra presentarsi quando, invitato a cena dal datore di lavoro Maller, stringe amicizia con la giovane Annetta, figlia del banchiere: i due avranno numerosi incontri finendo inevitabilmente per innamorarsi. Alfonso però lascia successivamente la città per raggiungere la madre al suo paese natio, per assisterla durante i suoi ultimi giorni di vita. Dopo la morte della madre torna in città e al suo lavoro, dove però tutto è cambiato, dove inizia ad essere evitato da quei pochi amici che aveva nell'ufficio in cui è stato declassato, e dove Annetta si è nel frattempo fidanzata con Macario, suo rivale in amore.
In "Una Vita" Svevo sembra muovere un primo passo verso la sua opera forse più riuscita e sicuramente più famosa, "La Coscienza di Zeno" (1923). Sebbene il tema comune ai due romanzi, così come a "Senilità" (1898), secondo romanzo dell'autore di Trieste, sia infatti quello dell'inettitudine compiutamente incarnata nella figura del protagonista, tra i tre romanzi vi sono comunque delle differenze: in Una Vita e nell'opera immediatamente successiva Svevo narra in terza persona, facendo emergere un evidente dislivello tra il proprio punto di vista e quello del protagonista, non creandosi troppi scrupoli anche nel giudicarlo negativamente a causa della sua inettitudine. Nella "Coscienza di Zeno" la narrazione è invece in prima persona, in cui la distanza tra la coscienza dell'autore e quella del protagonista diminuisce sempre di più fino a sparire a favore di una totale sovrapposizione. Se si può giungere a provare anche simpatia per uno Zeno Cosini che si spinge fino a rivendicare i meriti della propria inettitudine e malattia mentale, si arriva sicuramente a provare invece pietà, una pietà velata però anche da disgusto e biasimo spesso espresso dallo stesso autore, per un Alfonso Nitti troppo spaventato per cogliere l'occasione che gli si presenta davanti, un occasione per evadere dall'alienante e monotona esistenza che gli si prospetta. Svevo sembra giocare nel romanzo con l'opposizione tra Alfonso e Macario, che ben presto diventa per il protagonista una sorta di rivale in amore: Alfonso è un letterato, che si sente superiore per le sue ambizioni letterarie e la sua conoscenza del latino ma che finisce comunque con l'essere timido e impacciato, mentre Macario è spavaldo, sicuro di se e anche un po' sbruffone. Svevo continuerà a giocare con le diversità caratteriali dei personaggi da lui presentati anche in "Senilità".
Alfonso nel momento in cui dunque sembra essere riuscito in un'impresa per lui apparentemente impossibile, dopo aver superato infatti quello che si prospettava come un imbattibile rivale in amore, ed essersi quindi unito ad Annetta, si trova in un punto di non ritorno, dove solo con un ultimo atto di coraggio potrà cambiare la propria vita. Ma proprio in quel momento ecco tornare la sua inettitudine, come un'ombra che fino a quel momento lo aveva silenziosamente seguito, che adesso fa di nuovo sentire la sua presenza e lo conduce a rinunciare a tutto, provocando un totale capovolgimento della situazione. Alfonso non riuscirà a compiere quel gesto che potrebbe condurlo al cambiamento proprio perchè inetto e avvolto da una paura che sembra quasi paralizzarlo, paura che lo porterà però a compiere quello che paradossalmente si profila come il più definitivo e tristemente risolutore atto di volontà che un uomo possa compiere. Alfonso preferirà fino alla fine evadere da una più sempre castrante e grigia realtà rifugiandosi nei sogni, dove in maniera molto freudiana vengono esauditi i suoi più intimi desideri. Svevo sembra però proporre in "Una Vita", oltre al tema psicologico o, ammesso che il termine sia corretto, esistenziale, anche il tema sociale della figura dell'impiegato, e soprattutto dell'intellettuale più o meno costretto ad adattarsi ad una società che va massificandosi sempre di più sotto il segno di una borghesia che Svevo analizza facendone emergere vizi e virtù: l'autore sembra però mostrare una piccola preferenza per i primi, basti pensare infatti alla serva/amante del banchiere Maller.
In conclusione "Una Vita" non si presenta come un romanzo di facilissima lettura, si presenta però come un importante opera, insieme a "Senilità", per comprendere quel processo evolutivo che porterà anni dopo Svevo a scrivere il suo romanzo certamente più famoso, il già citato "La Coscienza di Zeno".
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Altre recensioni
Di Darius
"Svevo afferra il proprio io nullificato e lo eleva a dignità letteraria, senza edificare mondi lontani."
"La tragica soluzione di Alfonso è il finale di una vita negletta e reietta, l’esistenza di un inetto che forse non vuole esserlo."