Come un grande cuoco.

Cosa può fare un grande cuoco che ha inventato alcuni piatti stupendi, sublimi, sempre piacevolissimi e non avesse più idee, malgrado una tecnica sublime ed invariate capacità?

Cosa può fare, questo grande cuoco, se non cercare di fare al meglio il suo grande piatto? Di fare, come nessun altro saprebbe, il proprio capolavoro?

Fossati è ormai un grandissimo cuoco. La sua è stata una carriera stupenda, varia, eterogenea, sperimentale, profonda, a volte apparentemente easy, altre volte ermetica ed ancora comprensibilissima. Ha giocato con le parole e con gli accordi come il migliore dei cuoci di accordi e parole.

Ha spinto oltre il proprio limite la capacità di inventare e re-inventare, di inventarsi e re-inventarsi. E, più o meno dopo il sublime "La Disciplina Della Terra" e "Not One Word" ha capito che no, idee nuove proprio non ne venivano più. E non era colpa sua. La ricerca, il "non bastarsi mai" ha caratterizzato tutta la sua carriera. Era naturale, umano, persino bello che si arrivasse a un affettuoso "punto di non ritorno" dal quale l'Artista non poteva fare altro che voltarsi indietro, ritrovandosi, riconoscendosi.

E così ha fatto: le ultime opere riecheggiano di passato senza scimmiottarlo né ripeterlo. Sanno di vecchio e di nuovo. Sono filologiche (auto-filologiche, e a volte autocitazionistiche) ed intimamente stupende. E questo "Musica Moderna" è la punta di diamante. L'uovo perfettamente nella cavagna.

Qui la scrittura dei testi raggiunge livelli letterari davvero alti, come non si leggevano, e sentivano, da "La Disciplina", se non da "Macramè", e le musiche ritrovano le freschezze chitarristiche, rock, pop, reggae degli anni d'oro. Però, come dicevo, senza nessuno scimmiottamento e senza alcuna scelta di comodo.

Dal punto di vista tecnico musicale colpiscono, in questo disco, alcune caratteristiche che si ripetono, praticamente, in ogni brano. Sicuramente la strutturazione melodica che viene ripetuta, in maniera perfettamente armonica e non "secchiona", su più tonalità, con un andirivieni di alti e bassi sempre interessantissimo. Anche qui: ricette passate ma forse mai cucinate così bene.

Poi, i perfetti suoni di batterie e percussioni. E delle chitarre. Ah...i suoni delle chitarre... Stupendi, da piacere a Marc Ribot e a Tarantino. Perfetti nei contrappunti così come nei "tappetoni" d'accompagnamento. Strano il rapporto di Fossati con le chitarre. L'amore, un amore totale e folgorante, finisce dopo il "Vol. 2" del live per lasciare spazio totale ed irrefrenato alle invenzioni armoniche, malinconiche e strutturatissime, del piano.

Poi, più o meno ai tempi del singolo "Time And Silence", ecco riaffacciarsi una bella chitarra, in un lungo assolo e in accompagnamento. Poi tornerà Ivano ad alzarsi in piedi, nei concerti, chitarra sulla spalla.

Bello. Bellissimo. Guardarsi indietro, amarsi quel che è giusto e svilupparsi così, è solo bello. E questo disco, qui ed ora, non può che essere considerato un capolavoro.

Il solito piatto, cucinato mai, ma proprio mai, così bene.

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