Penso sia capitato a un po' tutti di ascoltare un album con le più rosee delle aspettative, e poi venire letteralmente travolti da un senso di disgusto, misto a banalità e scontatezza a livelli inimmaginabili. Ecco, è la sensazione che ho avuto ascoltando il debutto dei Jack Starr's Burning Starr.

Essendo io prettamente un amante di quelle sonorità che non fanno prospettare chissà quali cambiamenti musicali, o stilistici, diciamo che mi sono sempre accontentato. Cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, perfino sulla più brutta uscita che mi capiti sottomano, magari pensando "Okay dai, la prima metà dei brani non era niente di che, ma magari la seconda non è così male!" E solitamente era sempre così.

Jack Starr però, è riuscito a farmi cambiare idea. Mi viene difficile pensare che un chitarrista geniale come lui, ex-Virgin Steele, abbia potuto tirar fuori una ciofeca come questo "Rock The American Way", debutto della sua band omonima. Ho conosciuto questo gruppo solo con le uscite più recenti, come "Land Of The Dead" o "Stand Your Ground", quest'ultimo uscito pochi mesi fa, e minimizzare col dire che sono buoni dischi sarebbe poco, perchè sono forse le migliori uscite in campo heavy dell'anno, parlando di gruppi storici. Quindi mi è venuto in mente di andare a ripescare i loro primi lavori, e mai l'avessi fatto.

Tralasciando la cover, che devo ancora ben capire cosa significhi con il titolo dell'album, "Rock The American Way" riesce nell'intento di Starr di concretizzare su album la sua passione per le melodie accattivanti, ma dannatamente orecchiabili, stile Journey per intenderci, ma di fallire nella composizione. Libero dalla passione del futuro leader dei Virgin Steele, Davd Defeis, verso le sonorità più epiche e classiche, Starr concentra tutte le sue energie su questo lavoro, probabilmente troppo frettolosamente, e ciò che ne esce è un lavoro che farebbe invidia anche al peggiore dei Motley Crue.

La Titletrack ha un refrain talmente pacchiano e radiofonico da rimanerti impresso per l'eternità, con quel suo "Hey hey hey, rock 'n roll is the american way!" a girare, girare e girare continuamente in mente. "Woman" e "Live Fast, Rock Hard" si salvano per dei bei riff a sostenere il pezzo, ma non me ne voglia Frank Vestry, la voce è talmente acuta e super addolcita che non riesco a mandare giù nessuno dei pezzi. Il disco uscì nel 1985, e di Power Ballad ne esistevano già parecchie, molte buone, altre bruttine, ma Starr ebbe l'idea di comporre "In Your Arms Again", e non me ne vogliate per l'eccessivo sarcasmo, anzi è l'unica via con il quale riesco a descrivere un disco del genere, ma sembra una canzone scritta appositamente per la prima settimana di una coppia di fidanzati quattordicenni. "Fight The Thunder" è l'unico pezzo che riesce ad avere una propria personalità, evitando di cadere nel già sentito, con una performance vocale che almeno non suona plasticosa, ma naturale.

Sul songwriting c'è poco da dire, un ragazzino delle elementari avrebbe potuto far di meglio, e non esagero. Citando un passaggio di "Born To Rock":

"Fin da quando ero piccolo, ricordo che avevo un cattivo atteggiamento

Infrangevo tutte le regole quando andavo a scuola, i professori mi chiamavano sciocco

Adesso ho 22 anni e non ho niente da perdere, e c'è solo una cosa che ho voglia di fare

Perchè sono nato per fare rock, e non mi fermerò mai."

Come ho detto ad inizio scritto, da Jack Starr ci si poteva aspettare di tutto, ma un disco del genere pensavo di non poterlo mai sentire. Tutta l'atmosfera che circonda questo album si affievolirà pian piano nei dischi seguenti, precedenti al primo scioglimento del gruppo nel 1990, ma questo non cambia il fatto che "Rock The American Way" rappresenta uno dei punti più bassi, se non quello maggiore, del Power Metal U.S. Mi verrebbe da dire disco consigliato solo per forti di cuore, ma perchè no, anche per autolesionisti. Maneggiare con cura...

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