OCCHIO PER OCCHIO O ANCHE NO?
Tra tentazione di vendetta per l'ingiustizia subita e necessità di essere altro dalle logiche del regime, l'atto di accusa di Panahi viene tradotto in un road movie.
È una corsa nella ricerca di un buon motivo per eliminare il nemico, il male, per una giustizia sommaria che nei protagonisti si spera liberatoria. La necessità di confermare una colpevolezza che autorizzi a seppellire l'imputato, ma ancor più un passato doloroso, e seppellirlo nel deserto, nel nulla lontano dalla vita quotidiana. Panorami astratti, desolati, lontani dalle città, molto diversi dal "Taxi Teheran" di 10 anni orsono che ci raccontava direttamente la vita quotidiana. Qui è un racconto indiretto di memorie personali dolorose.
È in questa corsa che emergono i tratti ironici sul regime (forse anche poco sottolineati) e le sue modalità di controllo sulle persone. Persone che non pongono limiti alla soluzione finale che stanno cercando. In questo senso risulta forse più riuscito il tratteggio dei conflitti interiori dei protagonisti che la rappresentazione sarcastica della Persia attuale e di un sistema che non riesce ad imbavagliare le coscienze. Ne è comunque testimone Panahi, nel suo essere fuori luogo per l'immaginario che abbiamo del regime, piazzando nella narrazione donne senza velo addirittura prime testimoni (come una fotografa) dell'assurdità degli eventi.
E così un ex-boia nel bagagliaio, un accusato che potrebbe essere un cadavere, ma ancora non lo è, con tutto il suo dramma personale che ce lo fa in qualche maniera percepire esso stesso come vittima, con l'incertezza sul proprio destino affidato ad una giuria estemporanea on the road. Nel loro vagabondare si susseguono i giudizi e dilemmi morali profondi della "banda" di giustizieri, proprio in un sistema dove la superficiale morale esteriore è metro per concedere o negare diritti e ruoli sociali.
Vi è anche l'elemento del pentimento, cioè di una possibilità (non del sistema in sé, ma delle persone) di liberarsi di un ruolo terribilmente negativo ed una citazione geopolitica, in quella gamba mancante all'accusato, un simbolo della perdita di influenza regionale dell'Iran dopo il fallimentare intervento un Siria.
Poteva essere più poetico, più scanzonato ed ironico, più intimistico, ma Panahi rimane nel mezzo... sembra non decidere - forse volutamente - che taglio definitivo dare. Rimane comunque un film di grande rigore etico e grande coraggio. Magari un film che subito non ti coinvolge, che ha bisogno di essere digerito con calma ed un premio a Cannes che ha il sapore politico più che artistico, ma il rumore strascicato dei passi nel finale è un colpo da maestro che ci avverte di mantenere deste le coscienze...
BELLO: DA VEDERE
(Recenstalker 08/11/2025)
Carico i commenti... con calma