Da quando la strumentazione elettrofona ha fatto la sua comparsa nella musica leggera ha finito per soppiantare quasi del tutto la strumentazione acustica, non solo nel rock e nella musica elettronica ma anche nel pop. L’espressione “chitarra acustica” è chiaramente un retronimo - un’espressione che sta ad indicare qualcosa che già esisteva ma che è stata reinventata in una nuova versione - un’espressione resasi necessaria per motivi di distinzione in seguito all’invenzione della chitarra elettrica.

Ogni tanto c’è chi decide che bisogna riscoprire da dove siamo venuti, di rivivere la bellezza di quella musica acustica che col tempo ha assunto una connotazione quasi obsoleta. Ogni tanto qualcuno offre rivisitazioni acustiche dei propri brani o ripropone il proprio repertorio in appositi set acustici dal vivo, dal carattere spesso molto intimo… e c’è chi invece decide proprio di comporre nuova musica in acustico, spezzando la consuetudine elettrica.

È quello che ha deciso di fare James LaBrie, controverso e discusso vocalist dei Dream Theater. Dopo un debutto solista quasi nu-metal (“Elements of Persuasion” per me è una sorta di “Hybrid Theory” con gli assoli) e due seguiti dai connotati vagamente metalcore, il cantante canadese ha deciso di mettere da parte il metal per realizzare un disco fondamentalmente acustico. Una scelta azzeccata sotto diversi aspetti.

Non si tratta di un disco totalmente unplugged, le tastiere ad accompagnare ci sono eccome, allo stesso modo degli innesti di chitarra elettrica qua e là si possono trovare, ma le fondamenta sono acustiche, sono proprio le chitarre acustiche le grandi protagoniste nonché le fondamenta del tutto ed è proprio su di loro che tutto ruota. Questo processo non coinvolge solo la parte ritmica ma anche la parte solista, si trovano anche dei bellissimi assoli acustici, merce non proprio rara ma comunque abbastanza infrequente nel panorama musicale tradizionale, tanto insolita da farci quasi dimenticare quanto questi soli acustici siano belli.

Tuttavia non c’è nemmeno da aspettarsi un lavoro rustico e rurale, in parole povere non è un disco folk, ha sì un sapore estivo e solare che evoca cieli azzurri e prati verdi ma non ha un’anima così rurale, tutto rimane abbastanza urbano. L’impronta si mantiene rock, permane il drumming solido (alla batteria vi è il figlio Chance), la voce imponente, quel pizzico di grinta di fondo. Possiamo tranquillamente affermare che si tratta di rock acustico, è un disco rock suonato con chitarre acustiche. Se immaginassimo di sostituire le chitarre acustiche con quelle le elettriche ci renderemmo conto che il passaggio sarebbe assolutamente naturale, nessuna forzatura; a dire il vero questo lavoro è stato fatto su una traccia, la prima traccia viene infatti replicata in versione elettrica nell’ultima traccia ed è impressionante notare come la conversione risulti assolutamente naturale.

Giustamente però essendo il disco di un cantante è doveroso spendere qualche parola circa la sua prestazione vocale, ancora più se si tratta di uno dei vocalist più odiati e bistrattati del globo. Sembrerà strano ma qua il suo rendimento è convincente ma c’è da dire che ha scelto un sentiero abbordabile, le sonorità melodiche ed acustiche gli permettono di giocare meglio con la sua voce, il suo timbro appare vario e ben modulato a seconda del momento da interpretare, però convince appieno anche quando il registro si alza, si mostra grintoso senza risultare fastidioso come a volte è capitato in tempi recenti. A dire il vero anche nell’ultimo disco dei Dream Theater aveva convinto, sembra che almeno in studio LaBrie ci sia. Meglio stendere invece un velo pietoso sulle sue prestazioni dal vivo, sul palco appare veramente alla frutta come dimostra il recente Rock In Rio, dove si è affidato addirittura a delle basi registrate per sopperire alle proprie mancanze!

Prova solista superata a pieni voti, una scelta saggia e forse anche un po’ furba.

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