Siamo agli inizi di settembre 1996, quando in tutto il mondo, quasi contemporaneamente, viene lanciato sul mercato il terzo album da studio dei Jamiroquai. Per l'occasione, il lavoro verrà ufficialmente presentato prima del GP di Inghilterra, per dare visibilità al nuovo lancio. Il gruppo è lo storico di sempre, con Jason, Toby e Stuart. Il libretto del cd è un evidente omaggio alla Ferrari, di cui Jason è particolarmente ghiotto. Sullo sfondo del suo storico simbolo, l'omino con le corna, incastonato in uno stemmino stile cavallino della casa automobilistica italiana, c'è una griglia di calandra. Sul retro invece, oltre ai titoli, il bel primo piano di un motore Ferrari trasformato per l'occasione in un "motore Jamiroquai". Il tutto può apparire originale o di cattivo gusto. Detto questo, sono passati due anni dall'ultimo lavoro del gruppo "Space Cowboy". "Travelling Without Moving" è una sorta di pastone disco pop con ottimi spunti, più le classiche venature funky che hanno caratterizzato il sound del gruppo, meno acid jazz. Il tutto condito da una corposa dose di elettronica. In buona sostanza, addio al vecchio stile. Eppure con questo terzo album arriva e si consolida il successo mondiale, quello delle grandi platee. Eppure è un disco a cui manca qualcosa.

Singolo che aprirà il successo subito dopo il lancio dell'album è "Virtual Insanity" che ha un sound  ed un videoclip vincenti (farà il pieno di Awards). Il riff di piano è azzeccato e malinconico. Il secondo pezzo, "Cosmic Girl", è davvero noioso. Il video ha molestato per mesi, con quelle gare a tutta velocità in Ferrari, ed un vago richiamo alla disco anni '70; assolutamente insignificante e senza spessore. Mi scoccia pensare a quanto sia piaciuta solo per quanto è stata spinta. Martella e rimartella l'avevano imparata tutti.
In "Use the Force" domina un synth profondo ed oscuro in una atmosfera sambata. Quasi ballad romantica, noiosetta, "Everyday" che sa più di pezzo riempitivo. Sonorità galleggianti e più convincenti in "Alright" decisamente più decente, sempre dall'impronta funk-dancereccia, ma con un buon riff e una conclusione regalata a giro di basso e percussioni degna dei primi due album.  Benone "Hight Times", decisamente funk-rock-elettronica con un che di vintage. Assolutamente inutili, decisamente fuori tema e senso la reggaeggiante "Drifting Along" su cui stendo un velo, "Didjerama" e "Digital Vibration"che passano da riempitivo-esercizi di stile aborigeno. Saltate sempre a piè pari, con tanto di perplessità.

Si torna a far rombare i motori su "Travelling Without Moving" e l'operazione simpatia non riesce. Il sound è veloce ed impregnato di disco-funk ed il testo è un omaggio alla velocità del motore e metaforicamente delle sinapsi unte dal carburante-miscela droga alcool. Segue "You Are My Love": il sound anni '70 ben strutturato e farcito di disco-funky risulta anche gradevole, pur non essendo un pezzo memorabile, ricalca un po' le vecchie sonorità dei JK. Chiude l'album la triste "Spend a Life Time", massaggiando con melodia lenta ed archeggiata. Nulla di che.

Invece, la ghost track, va un po' a risollevare il tutto, ci voleva. Il titolo dovrebbe essere "Do You Know Where You Come From?" ed è di netta matrice techno-drum&bass. L'arrangiamento e comunque i buonissimi bassi in evidenza ne fanno un pezzo interessante.  Era passata per un paio di mesi in radio prima del lancio ufficiale dell'album, come singolo misterioso, ed è stata vittima di numerosi mixaggi per l'ambiente dance. C'è una bis-ghost, ma non merita particolari note.

Ben poco da salvare di questo album. Siamo in una complessiva fase di decadimento di contenuti: si passa dall'omaggiare i motori potenti agli svariati effetti indotti dalle droghe, a viaggi mentali indotti e a suoni spaziali. Metafore di eccessi e distacco dalla realtà. Out. Per quanto riguarda il sound siamo in fase di transizione. Da un lato l'identità storica va perdendosi per avvicinarsi alle grandi platee con mood più commerciali, dall'altro si forza una evoluzione (vedi la Sony) priva di stimoli ed infarcita di elementi di distrazione che falsano la "necessità creativa" dell'intero gruppo (Jason e Zender in particolare) troppo intento ad inseguire il Dio denaro. La transizione porterà in futuro a risultati sempre più scadenti.

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