Jean Michel Jarre, figlio d'arte di levatura artistica non pari a quella del padre, ma sicuramente dotato di una creatività più intuitiva e ad ampio spettro, con l'album "Oxygene" contribuì a dare un impulso decisivo all'uso di suoni elettronici nell'ambito della musica di largo consumo. Senza formalizzare una contaminazione come invece fecero nello stesso periodo i Kraftwerk, portò le sensazioni e le atmosfere della scuola cosmica tedesca su un piano più squisitamente mediterraneo; amalgamando le suggestioni dei sintetizzatori e delle voci artificiali con un gusto melodico e sinfonico molto accessibile.

Non a caso almeno la metà dei brani contenuti in "Oxygene" spopolarono nelle hit-parade e divennero un punto di riferimento nella cultura popolare per capire dove collocare la musica elettronica rispetto alle canzonette. In particolare la porzione "IV" della lunga titletrack omonima fu un clamoroso esempio di musica strumentale entrato nell'immaginario collettivo, resistendo agli attacchi del tempo e trasformandosi in un tormentone (spesso abusato) per sigle, servizi giornalistici, sottofondi e quant'altro. Segno che Jarre aveva avuto una grande intuizione e la grande capacità di metterla in opera senza compromettersi con le frange più colte degli appassionati del genere.

Quello che va sottolineato, comunque, è che con "Oxygene" il francese non inventò nulla di nuovo nella sostanza, giacchè artisti come i Tangerine Dream già prima di lui avevano formalizzato questo genere di suite concettuali in più movimenti, con largo uso di arpeggiatori, synth, voci artificiali e atmosfere spaziali. Il merito, semmai, fu quello di semplificare l'approccio dell'ascoltatore e di proporre - come dicevo poco sopra - un equilibrato mix di melodia, ritmo e orchestralità. Laddove i tedeschi della scuola cosmica cercavano di sperimentare, dilungandosi sovente in esplorazioni al limite dell'atonalità, il marito di Charlotte Rampling sfruttava gli strumenti elettronici in modo tradizionale, concedendosi tuttalpiù il vezzo di creare stridii di gabbiani e onde marine con il sintetizzatore.

"Oxygene" è un bel disco, scorre bene, crea continue tensioni e dipinge affreschi di paesaggi alieni e natura terrestre con una magistrale sintonia di visualità-acustica. A cominciare dalla prima parte per poi proseguire nella seconda, famosissima, con un piglio malinconico e contemplativo che fece a sua volta scuola. Nessuno spiraglio di allegria o di solarità vera, infatti, trapela dalle ispirazioni di Jarre, che divenne se vogliamo ancora più cupo - ma forse più compiaciuto - nel successivo "Equinoxe". E stupisce quindi ancor più il successo commerciale di questo lavoro, che già dall'illustrazione della copertina (un pianeta Terra parzialmente sbucciato, la cui polpa è un cranio) rivela uno spirito per nulla ottimista e in pace con se stesso.

A margine vorrei evidenziare che quando Jarre a distanza di decenni decise di realizzare un "Oxygene II" da una parte sentii tradito quello spirito, perchè l'artista dovette attingere alla formula magica del passato per tornare in sella dopo una fase appannata; dall'altra notai come quel filone fosse ancora estremamente vivido ed attuale, visto che il concetto musicale e narrativo dell'originario "Oxygene" funzionava ancora alla grande.

Nel complesso un album chiave, soprattutto per i meriti indiretti, più che per le intrinseche qualità sonore che non furono del tutto innovative.

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