Rock Tv è triste. E’ triste perché:

- è a pagamento (ma non c’è pogamento);

- Pino Scotto è l’unico a non prendere sul serio Pino Scotto;

- Crazy mi fa rivalutare Colorado;

- l’oretta scarsa di Hard Zone (“Hard Zone”, diobono, manco La9) è un calderone ebete pieno di tutto e di niente che manco Ricordi. Per di più con Avenged  Sevenfold e quelle band patinate che fanno breakdown e frange;

- ci sono i NoFX. I NoFX fintigrassi piccolimprenditori che consumano droghe costosissime. Ho sempre nutrito indifferenza per i NoFX. Non ho mai capito perché, a parte un paio di buone cose, Punk In Drublic dovesse essere un album della madonna. Gente, è solo perché era il 1994. L’avessero fatto, chessò, nel 1990, sarebbero stati spazzati via dai Poison Idea. Loro erano grassi sul serio.

Su Rock Tv c’è quella cosa del tour dei NoFX. Tipo che vanno in posti sguaiati a suonare. Che vabbé, può essere anche piacevole, a parte il format stile “16 and pregnant”. Ma ecco: una volta i ricchi e borghesi Nofx si trovano nel posto più dimenticato da Dio dell’America Latina: location millantata, milizia pseudo fascista assetata di sangue e folla con forconi. “Che bordello, ora faranno qualche figata”, pensai. Macché: roadie e fonici del gruppo stipati in un camion per sfuggire al linciaggio del popolo (giustamente) inferocito: incazzati a morte dopo aver appreso che il concerto per cui si erano svenati non era che una bufala. Il promoter aveva bluffato e il posto era inadeguato. I roadie erano in avanscoperta per salvare il salvabile.

Ma i NoFX? Dov’erano mentre Limo&co. sfioravano la mattanza? All’Hilton. A “degustare branzini” (sic!) e twittare. Diobono, una punk band che twitta. Il fetido ossimoro che deflorò la mia subproletaria coscienza musicale.

Il rock al tempo degli smartphone, flagellato da like e follower con ingoio.

Che adesso non voglio star qui a scomodare egregie utopie come la koerenza, l’attitudine ed il koraggio (ehi, Roger Miret, ti ho trovato il titolo per il prossimo EP). Greg Graffin, con i suoi 5000 mensili da ordinario, avrà una bella villetta a schiera. Jim Lindberg un bel van Mercedes con cui scarrozzare i frutti dei suoi lombi. Puciato puccerà il biscotto pagando fior fior di cene a Jenna Haze.

Occhei, ma non lo documentano.

Non puoi spiattellare in prima pagina la morte dei tuoi fonici mentre tu sei a fare il tycoon de stocazzo.

C’è una linea (sempre più sottile, è vero, ma c’è) che separa hardcore et similia dalla copertina dell’antico nemico Rolling Stone. C’è differenza tra l’avere un doppione di Jealous Again e scimmiottare i Crue. Non basta scriverlo nelle tue trite canzonette, Fatty: non hai capito un cazzo (o hai capito tutto, che poi è la stessa cosa).

Jello Biafra non confonderebbe mai hardcore con sessodrogaerocknroll: farebbe le peggio cose, come trascinarsi dietro una ventennale controversia civile per royalties non pagate o fondare una band in cui la sua parola è legge, ma non svenderebbe mai il suo mito per ingrassare il fienile. I veri Eroi sono quelli che lavano i panni sporchi in casa, dispensando virtù teologali alla marmaglia ed indicandole la retta via.

L’ultimo album del nostro (e della sua band fantoccio) è un bell’amarcord sospeso tra rock’n’roll, dissonanze tipo Plastic Surgery Disasters ed epilessie a la East Bay Ray. C’è anche spazio per una rispolverata di “Dear Abby” (chiamata “Road Rage”). Nonché per un tributo cromatico ai D.O.A.

“White People and the Damage Done”, si chiama. E i NoFX sono bianchi, bianchissimi.

Carico i commenti...  con calma