Anno 1968. Nel firmamento della musica nacque una nuova stella, che fu inesorabilmente destinata a diventare una delle più luminose.

E' infatti in quest' anno che i mitici Jethro Tull pubblicarono "This Was", il loro primo lavoro. Reduce dalla John Evan Band, Ian Anderson insieme a Mick Abrahams (chitrarra), Clive Bunker (batteria) e Glenn Cornick (basso) diede vita a questa band. Per realizzare quest' opera fu fatto dal padre del manager Terry Ellis un prestito di 1200 dollari da una banca. Soldi molto ben spesi!

Per certi versi oserei definirlo un disco un po' "anomalo", nel senso che Ian non ha il ruolo che avrebbe avuto in seguito, cioè di padre-padrone del gruppo, e divide la leadership con Abrahams. Però, si sa, due lupi nella stessa tana non possono stare, e dunque il chitarrista, infastidito dall'ingombrante presenza del flautista, lasciò dopo questo album. Sarebbe stato sostituito, dopo una brevissima parentesi con Tony Iommi, futuro chitarrista dei Black Sabbath, dal bravissimo Martin Barre, il quale instaurò un rapporto di grande amicizia con Anderson, e sarebbe diventato l'unico elemento dei Tull, oltre al leader, a figurare sempre nella formazione. Un altro motivo che portò alla rottura con Abrahams fu l'intenzione di Anderson di sperimentare nuovi generi musicali, mentre il chitarrista era un grande amante del blues.

Qui lo stile dominante è per l'appunto il blues, anche se sono presenti già alcune venature di altri generi che ci lasciano intravedere quella grande versatilità che sarà una peculiare caratteristica dalla band. Dal punto di vista strumentale, oltre alla presenza del flauto, fatto molto inusuale che sarà per sempre uno dei marchi di fabbrica dei Tull, è da segnalare un ampio utilizzo dell'armonica a bocca, componente fondamentale del blues. Praticamente assenti sono invece chitarra acustica e tastiere, elementi che rivestiranno un ruolo di primo piano in futuro.

L'avvio è affidato a "My Sunday Feeling", un ottimo rock-blues che diventerà una delle canzoni più famose del repertorio. "Some Day The Sun Won't Shine For You" ci mostra un blues più tranquillo, con l'armonica come protagonista. Sono molte e interessanti le versioni dal vivo di questo brano. "Beggar's Farm", co-prodotta con Abrahams, presenta un ottimo crescendo finale, con dei grandi virtuosismi flautistici. La successiva "Move On Alone" è interamente scritta e cantata da Abrahams. E' presente un arrangiamento di trombe, eseguito da David (Dee) Palmer. Qui l'atmosfera assume sapori decisamente anni '50. La seguente "Serenade To A Cuckoo" è senz'altro uno dei pezzi topici dell'album. Si tratta di un lungo e tranquillo strumentale, scritto dal jazzista Roland Kirk. Ian disse che fu la prima cosa che imparò a suonare al flauto. "Dharma For One" è un altro strumentale, ma molto più sostenuto. E' forse la canzone in cui emergono maggiormente i primi germogli di progressive. Molto particolare è il lungo assolo di batteria, scritto da Bunker. Vi consiglio anche le versioni live di questo brano, spesso superiori all'originale, come nel mitico concerto dell' Isola di Wight (1970). Dopo il blues di "It's Breaking Me Up", arriviamo a "Cat's Squirrel", un brano arrangiato da Abrahams che vira decisamente verso l'hard-rock. Davvero notevole la parte chitarristica. Caso più unico che raro, Anderson è assente! La nona traccia, "A Song For Jeffrey", è sicuramente la canzone più nota dell'opera, ed è un altro blues che presenta un binomio flauto-armonica ed un singolare effetto vocale. In conclusione troviamo la brevissima "Round", scritta da tutti i membri del gruppo più Ellis, che vede Anderson cimentarsi per qualche momento al piano.

Il cd rimasterizzato che possiedo contiene anche tre interessanti bonus tracks. La prima, "One For John Gee" è uno strumentale blues, la seconda è la rockeggiante "Love Story", che sancirà l'abbandono di Abrahams, (Barre esordirà con la epica "Living In The Past") la terza è invece la acustica "Christmas Song", canzone che verrà rivalutata più recentemente.

Tirando le somme, possiamo parlare di un buon esordio. Per ovvie ragioni, pecca un po' di immaturità, e quindi non è certo rapportabile ad alcuni capolavori seguenti, ma comunque di tutto rispetto.

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