«Non è tutt'oro quello che luccica.»

(Proverbio popolare)


"Super-Cannes" è un romanzo del 2000, il terzultimo libro lasciatoci dallo scrittore inglese James Graham Ballard prima della sua morte avvenuta nel 2009, che racconta le avventure di Paul Sinclair, marito di una giovane dottoressa che viene chiamata a Cannes per sostituire un medico che qualche mese prima è impazzito assassinando dieci persone. Esattamente come il personaggio di James Stewart ne "La finestra sul cortile", Paul non può muoversi molto perché è appena stato operato ad un ginocchio, e decide di passare le sue oziose giornate investigando sulla strage compiuta dal dottor David Geenwood. Paul e sua moglie Jane si sono trasferiti nella ricchissima, pulitissima, bellissima, elegantissima, modernissima e tecnologicissima cittadella di Eden-Olympia, e loro sono dei novelli Adamo ed Eva che sia aggiungono ad una piccola popolazione di persone ricchissime, pulitissime, bellissime, elegantissime, modernissime e tecnologizzatissime: un posto felice semplicemente perfetto in cui appare impossibile che un uomo abbia compiuto un atto folle di tale entità. Paul non si spiega come ciò sia possibile ed investiga sull'accaduto, ricostruendo le fasi dell'accaduto e tentando di dare un motivo al folle gesto.

 

Questo romanzo di Ballard, come tutti i romanzi di Ballard, ha due livelli di lettura. Il primo è quello puramente letterario, e qui il libro perde miseramente: l'autore non è in grado di sviluppare una storia in modo minimamente credibile ed interessante, peggiorando il tutto con personaggi ancora meno credibili ed interessanti. Quel minimo spunto giallo iniziale (uomo uccide dieci persone: perché?) viene vanificato in maniera quasi irritante dal fatto che il nostro protagonista non trova prove o indizi che lo portano alla verità, ma più semplicemente va dalle vedove, amici e conoscenti dei morti e questi gli raccontano tutto: il pathos è pari allo zero assoluto. Quei pochi dettagli che il nostro eroe non si procaccia da solo, poi, gli vengono direttamente incontro, dato che il deus ex machina che ha fatto il primo passo che poi ha spinto l'uomo a compiere la strage va spontaneamente dal protagonista (proprio nel senso di moto a luogo) e gli racconta tutto: pathos sottozero. Si scopre inoltre che al principio di tutto c'è il pensiero aberrante di un personaggio: pure questo racconta tutto con gioia e senza omettere particolari a Paul, che non ha nemmeno bisogno di fare domande dato che quello fa un unico lungo monologo di pagine e pagine. A peggiorare la situazione c'è il ritmo inesistente e lo squilibrio delle parti del racconto. Detto questo, però, "Super-Cannes" non è comunque un brutto libro, ma è anzi un testo consigliabile perché trionfa nel secondo livello di lettura: quello sociologico. I vari omini che si muovono nel libro non sono che sagomine di carta dalla caratterizzazione abbozzata che si muovono all'interno del vero, autentico, reale, potente nonché unico personaggio del libro: la zona residenziale di Eden-Olympia, ovvero l'ambientazione del romanzo. Questa tipologia urbana, che in sociologia assume il nome di "enclave residenziale", è una forma abitativa che sempre più si sta diffondendo nelle zone ricche dei paesi ricchi del mondo: si tratta di aree residenziali provviste di tutti i servizi e chiuse in maniera praticamente ermetica con il mondo esterno, rappresentando quindi delle isole felici all'interno di realtà più complesse (sono enclave per esempio la zona di Beverly Hills, o tutti quei quartierini-bene di villette che si vedono nei telefilm americani). Queste aree, economicamente floridissime e dominate da un regime di super-sicurezza e spesso anche circondate da un alto muro (sia reale sia metaforico), sembrano utopie ed invece sono totali distopie, micro-mondi talmente perfetti per cui, se non c'è la possibilità di sfogare i qualche maniera i propri stress, si finisce per affondare nella devianza e nella violenza. È questo quello che accade ai nostri personaggi: il mondo in cui si trovano è così perfetto da essere insopportabile, così insopportabile da spingere alla devianza. Il personaggio di Julia Roberts ne "Il matrimonio del mio migliore amico" direbbe che non si può vivere solo di crème brûlée, ogni tanto bisogna mangiare anche gelatina. Da questo punto di vista "Super-Cannes" è un grande romanzo in cui tutti i difetti della contemporaneità vengono a galla, primo fra i quali è la necessità di appagare i propri beceri istinti animali che un tempo erano sopiti da morale, religione ed altri valori ancora, e che invece l'attuale regime di mercato esalta (pensiamo ad esempio ai reality show, pietra dello scandalo di ogni critica alla modernità). Non sarà bello come un romanzo di Flaubert, ma "Super-Cannes" si pone come una tale summa di tutte le questioni della post-modernità e del mondo capitalistico dell'abbondanza iniziato col fordismo ed esportato in tutta la Terra dopo la vittoria degli USA dopo la seconda guerra mondiale (un mondo governato da un solo, unico, gigantropico monovalore: i soldi) da meritare assolutamente di essere letto.

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