Il nome del bassista Jimmy Haslip è ben noto agli amanti della fusion music, essendo membro fondatore degli Yellow Jackets ma anche turnista richiestissimo, nonché vero deus ex machina di alcune delle produzioni AOR più raffinate - basti pensare a "Brother To Brother" di Gino Vannelli.

La tecnica bassistica di Haslip si riconosce subito per il groove micidiale e il sound potente, risonante ed inusuale in assolo.

A differenza di tanti campioni del basso elettrico, Haslip è musicista discreto ed accorto, molto attento a non strafare, e giunge al suo primo disco solista solo nel 1993, dopo molti anni a lavorare dietro le quinte, essendo giunto alla piena consapevolezza delle sue capacità ma soprattuto dei suoi limiti, principalmente sul versante compositivo e dell'arrangiamento. Da qui la scelta, assai felice, di eleggere a suo principale collaboratore il favoloso compositore, arrangiatore e bandleader Vince Mendoza, che firma la metà dei brani del disco e lo coproduce.

Aggiungete una "dream band" (Peter Erskine batteria, John Scofield chitarra, Randy Brecker tromba, Joshua Redman sassofono, John Beasley piano, Judd Miller EVI e diavolerie elettroniche varie) e la strada verso un disco pienamente riuscito e convincente è già percorsa a metà...

Mendoza sbriglia la sua anima latina e confeziona dei lievi e deliziosi quadretti caraibici: "Niños", al quale un reiterato arpeggio di chitarra dona una dolce indolenza, e "Leap", dove il suono immacolato delle steel drums risplende in tutta la sua cristallina bellezza, e dove Haslip illustra il suo magistero strumentale in un assolo calibratissimo.

Il compositore dichiara poi tutto il suo amore per John Scofield, tagliandogli su misura uno strepitoso "Orange Guitars", efficacemente introdotto da un sanguigno Joshua Redman.

Come in ogni ricco banchetto fusion che si rispetti, le pietanze e i sapori sono quanto di più variato e molteplice si possa immaginare, e allora ecco che dalla danza pellerossa di "Red Cloud" si passa all'esplorazione intimista di Scofield e Haslip in "I Dreamt Of You". A dispetto del suo funambolico virtuosismo, è nei brani lenti che Haslip prende gli assoli più azzeccati, mostrando un tocco squisito ed un controllo assoluto del suono. I brani composti dal bassista, pur aderendo in maggior misura ai canoni fusion ("Outland", "Old Town"), si mantengono ben al di sopra dell'anonimato. Di grande impatto emotivo la overture "Mãtha", dove l'atmosfera riporta all'ineffabile "Wichita" di metheniana memoria. Ma anche con un grande lavoro della tromba di Randy Brecker...

Ancora profumi di Antille per l'ipervitamica e godibilissima cavalcata di "Market Street", con il sax di Bob Mintzer, suo collega negli Yellow Jackets. Immancabile la chiusa romantica di "Hanna's House", con il basso di Haslip a fare da mattatore: un po' melenso, ma è un peccato veniale che si perdona a tutti.

Fusion suonata ed organizzata al meglio. Un disco pieno di musica interessante e di qualità, forse non rivoluzionaria, ma di sicuro partecipata e sincera.

Voto: 7/10 arrotondato per difetto.

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