Il bello della Blue Note è che ti offre sempre un prodotto all’altezza delle aspettative: quando comperi un disco della scuderia già sai che, comunque sia, avrai un buon pezzo di jazz tra le mani.
Ultimamente c’è una vera rivoluzione e rielaborazione dell’intero enorme bagaglio di nastri di Rudy Van Gelder, maestro incisore dell’epoca a cui dobbiamo sostanzialmente circa la metà del jazz dei sessanta; o per lo meno dei pezzi migliori.

Nel caso in questione parliamo di roba “vintage”, di grandi valore e gusto all’ascolto: uno dei primi dischi di Jimmy Smith, titolare dei suoi gruppi dal ’53, inciso nel 1958 e commercializzato nel ’65. Inciso in trio, anzi con due formazioni-trio, cosa all’epoca abbastanza inusuale: si portava il gruppo dentro, quattro soldi di compenso e sfornate il disco senza troppe storie, please. Qui invece troviamo la precisa volontà di colui che poi diventerà il riconosciuto padre dell’organo jazz, di ricercare situazioni e stimoli diversi pur se nello stesso ristretto lasso di tempo a disposizione. L’interazione tra chitarra, organo e batteria è una delle più difficili ma eccitanti, se ben gestita; e se intendete iniziare a conoscere le potenzialità dell’organo Hammond nell’ambito jazzistico, sotto le mani di un fuoriclasse, questa potrebbe essere la prima bella cosa da acquistare.
Il disco sembra inciso ieri e nella riedizione in questione, uscita da pochissimo, sono anche presenti quattro bonus tracks, per garantirvi un lungo e goduto trip orgasmico; va detto che il disco originario era costituito dalle sole prime sei tracce, in cui suonano, assieme a Jimmy Smith: Kenny Burrell alla chitarra e Philly Joe Jones alla batteria (1, 2, 3, 4) sostituiti poi da Eddie Mc Fadden e Donald Bailey (5, 6). Le ultime 4 tracce sono state invece prese da una sessione di fine ‘58 e vedono un ancora sconosciuto Bill Henderson come vocalist e di nuovo Donald Bailey alla batteria, con Ray Crawford alla chitarra. Queste quattro tracce uscirono come due “singles” e qui sono state incluse come vera chicca per l’ appassionato. Per evitare eccessiva fatica a chi legge, una brevissima descrizione dei brani:

1) "These Foolish Things" è resa in versione lenta e trascinante.
2) "Hackensack" (di Monk) ci presenta un notevole gioco di swing da centellinare; con una pulsazione dei bassi (mano sinistra) che gioca abilmente con la batteria, mentre Kenny Burrell discute mirabilmente con se stesso alla chitarra.
3) "It Could Happen To You" è un altro bellissimo e coinvolgente lento
4) "Sometimes I Am Happy" è un medio tempo swingante con brio di oltre otto minuti
5) "Someone To Watch Over Me" è una ballad che, per come è eseguita, tuttora può far drizzare i capelli (a chi ne ha!)
6) "Home Cookin" è un medio swing
7) "Willow Weep For Me" è il primo brano cantato da Bill Henderson, per una gradevole atmosfera da jazz club downtown.
8) "Ain’t No Use" è un bel blues; appoggiato, inesorabile e giocato tra chitarra e voce
9) "Angel Eyes" è una song più tradizionale, con chitarra da sottolineatura e complemento alla voce. Smith molto discreto a corredo
10) "Ain’t That Love" è uno scatenato shuffle che ti da l’idea di energia pura sparsa in giro durante la session.

Molto "soul" e chiare radici blues, avvertibili nella maniera assolutamente spontanea di organizzare il materiale sonoro, sia da parte di Jimmy che degli altri musicisti. Musica sostanziosa; ma soffice come una brezza estiva.

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