Controverso.

Forse perchè ormai abituato alla presunzione spesso gratutita e irritante di tutti coloro che non sapendo neanche strimpellare "Yesterday" con una chitarra trovano la sfrontatezza di giudicare il lavoro, il sudore, il talento altrui sparando un "inutile", o un "troppo ambizioso" per descrivere al mondo opere di cui non hanno ascoltato che i primi e gli ultimi due minuti (quando non si sono fermati al nome o ai colori sbiaditi della copertina); forse per questo ascoltando per la prima volta questo nuovo capitolo nella precocissima e folgorante carriera di Joanna Newsom mi ritrovo profondamente colpito ma anche un po' perplesso, un po' stordito...

Profondamente colpito perché queste cinque lunghe composizioni di, di... ecco la difficoltà di descrivere a parole la complessità delle emozioni che vengono sprigionate da questi voli pindarici vocali... Joanna sa esprimersi attraverso questi lunghi monologhi dell'anima, un'anima, è stato detto e ridetto, di "fanciullino" non nel suo senso svilito di infantilità, di inesperienza, di acerbità ma che, come gli occhi di un bambino, ha la purezza e le visioni della curiosità, il motore di ogni scoperta, la causa di ogni sorpresa. La causa anche quindi delle cadute, delle scivolate che possono rendere la strada più impervia ma allo stesso tempo più ricca di fascino. Joanna ci fa scoprire il suo mondo con la sua compagna di viaggi, quell'arpa così esotica nel mondo Rock, che lei tratta con una maestria dichiaratamente classica ma mai fredda e intellettuale, che costruisce la fragile struttura dorata sulla quale leggera e pulita come una piuma bianca dalle traiettorie imprevedibili si libra in volo la candida e preziosissima voce della Newsom..

Una voce che è la landa desolata islandese di Bjork, che spesso vola in un Giappone di origami di carta e dei colori semplici e chiari di quelle illustrazioni naif del Settecento, che fa su e giù dalle colline di Hollywood inseguendo quella dell'eterna Joni Mitchell, che per scavare invece nella sua psiche si fa aiutare dalla introversa ma orgogliosa Lisa Germano e che per la struggente intensità di alcuni passaggi sembra persino rievocare lo spirito più "medievale" di Tim Buckley... Ma ho anche provato un vago senso di stordimento; di una leggerezza, una leggiadria talmente impalpabili che se vengono "forzate" anche solo per un attimo possono perdere quello straordinario e incantevole equilibrio al quale mirano..

E a Joanna è forse capitato in alcuni momenti di questo bellissimo disco, come quando il debito con le altre "maestre del canto" (lo diventerà anche lei..), soprattutto Bjork, si fa ancora percepire troppo.. E' capitato anche e soprattutto, secondo me, per la presenza spesso troppo accentuata degli arrangiamenti affidati al guru Van Dyke Parks che non è riuscito a non essere invadente in particolar modo con gli archi barocchi a lui tanto congeniali; infatti un tale prodigio di voce e inventiva non avrebbe per nulla bisogna di arrangiamenti ridondanti (mi viene in mente "Goodbye And Hello" di Buckley) e spero che questo verrà compreso in futuro. Quindi dopo aver ascoltato "Ys" solo una volta in più, il suo essere controverso diventa un pregio, il pregio dell'opera d'arte di una giovanissima artista che ha molto di nuovo da dire e molto tempo davanti per farlo nel migliore dei modi..

Quindi, sempre ammesso che il voto abbia un qualche significato, il quattro (e mezzo) è per me quella imperfezione, quel qualcosa in più o in meno di quest'album che è la fiducia per un (mi auguro) molto prossimo capolavoro..

Nota: l'album non so se sia già uscito in Italia; il mio l'ho ordinato dall'Olanda..

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