Ma quant'è bello entrare in un negozio di dischi il 29 settembre 2018 e scorgere il giovane Joe Strummer che ti scruta dallo scaffale delle novità?

Il giorno prima è uscito «Joe Strummer 001», raccolta in doppio cd incentrata sulla carriera solista di Joe, prima e dopo i Clash, trentadue brani per un tuffo nel passato lungo circa 2h20'.

Il primo cd è una selezione di materiale già edito: gli esordi con gli 101ers, la passione viscerale per il rhytm&blues, la lezione dei Rolling Stones impregnati di blues e beat mandata a memoria e l'esempio dei Dr. Feelgood davanti agli occhi, il primo, piccolo classico «Keys to Your Heart» che accende l'entusiasmo e le ambizioni; il disorientamento profondo seguito alla fine dei Clash e i primi deludenti tentativi di riprendersi la scena passando per il cinema, componendo colonne sonore (con tutto il bene che voglio a Joe, ma «Love Kills» dalla colonna sonora di «Sid e Nancy» è di una bruttezza sconcertante, come il film peraltro) e recitando piccole parti in film indipendenti, cioè in film che nessuno ha mai visto; Joe che non si abbatte e inizia faticosamente a risalire la china (decisamente meglio «Tennesee Rain» dalla colonna sonora di «Walker»), fino all'esordio solista «Earthquake Weather», che però passa sotto silenzio e chiude gli anni '80 di Joe.

«Questo decennio mi ha rotto. È stato tutto una perdita di tempo, a parte le mie figlie. La musica è una me##a, la Thatcher è Dio, il 90% dei giornali è di destra e leccac##o».

Le premesse per affrontare gli anni '90 non sono entusiasmanti ma Joe è Joe e non molla di certo. E verrebbe da ringraziare Dio, per chi ci crede.

Ancora colonne sonore, ancora prove più che convincenti, in particolare quella per «Ho affittato un killer»; l'incontro con Lucinda, sua compagna fino alla fine dei suoi giorni; l'avventura con i Mescaleros, «Rock Art & the X Ray Style», «Global A Go Go» e soprattutto il postumo «Streetcore»; collaborazioni eccellenti, come quelle con Johnny Cash e Jimmy Cliff.

Se il primo cd è bello, il secondo è semplicemente splendido, fatto solo di brani finora rimasti inediti, ed il fatto che Joe si sia permesso di non pubblicarli dimostra solo la sua grandezza come artista: c'è di tutto, a testimonianza di una curiosità senza confini, dal blues al country, dal combat folk al jazz.

Soprattutto ci sono tre brani che valgono da soli il prezzo del cd – e credo sia significativo che il doppio cd sia venduto ad un prezzo di poco superiore a 10 euro, ma quei tre brani sarebbero valsi il prezzo anche se fosse stato decuplicato.

«Where Is England» è la prima versione di «This Is England», l'ultimo grande brano dei Clash: «Where Is England» è solo la voce di Joe e la sua chitarra, il basso di Paul Simonon e la batteria di Pete Howard, nessun suono artificiale né artificioso, un dub che non avrebbe sfigurato in uno dei singoli a cavallo di «Sandinista».

«Pouring Rain» è perfino migliore ed è presente nella versione originale – ballata rock condotta magistralmente sempre da Joe, Paul e Pete – e poi nella versione folk, dove emerge con forza la vicinanza coi Pogues e con Danny Thompson – versione che poi, qualche anno dopo e con qualche aggiustamento, andrà a comporre una nuova colonna sonora.

Giusto un inciso: entrambi i brani risalgono al periodo dei Clash 2.0 e confermano la mia idea che a «Cut the Crap» difetta in modo tragico la forma – perché Bernie Rhodes non è proprio Mick Jones – ma la sostanza ci sta e ci fossero stati dentro brani come «Pouring Rain», «Sex Mad Roar» e «Do It Now» oggi saremmo a parlare di un album di livello quasi paragonabile a «Combat Rock»).

Il terzo e ultimo brano è «Rose of Erin», veramente splendido, un ideale estratto dal lato rock di «Sandinista», solo arrivato con 13 anni di ritardo e allora ancora più sorprendente.

La sensazione che rimane al termine del viaggio, almeno per chi come me la carriera solista di Joe era fino a un mese fa un profondo buco nero, è di essermi perso più di qualcosa ma che posso recuperare.

Dopo tutto pare che l'archivio privato di Joe contenga oltre 20.000 reperti ed è auspicabile che quello “001” del titolo preannunci “002”, “003”, “004”, almeno fino a “999”.

Buonissima la prima.

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