Le vacanze sono finite. La tipa smollata perché bisogna reiniziare a lavorare. I (freddi) pomeriggi d'estate passati a suonare il Cajon per strada ormai un ricordo annebbiato. 
Ciò che ricomincia, invece, sono le mie indipendenti recensioni emergenti di gruppi/artisti emergenti della scena indipendente, emergente. Indipendente.

Johann Sebastian Punk. More Lovely and More Temperate, un album annunciato a fine Aprile 2014 sotto etichetta Irma Records/SRI Production.
Io sono all'Arteria, piccolo sotterraneo locale in pieno centro di Bologna che seguo l'esibizione di un duo di amici, Lorenzo alla chitarra, Lavinia alla voce. Tra gli altri ci sono questi Johann Sebastian Punk. Risatine a denti stretti, però strano, mai sentiti nominare. E dire che io tipo amo le band con nomi strani. 
Dopo l'esibizione dei miei amici ecco questo fantomatico gruppo. "Eh oh, che gasato che è il cantante, maial". Poi un altra canzone. "Boh dai sono bravi". In silenzio seguo il concerto fino alla fine. Sto zitto, immobile. Mi fiondo a comprare il CD. Costa poco. Faccio i complimenti al cantante e al resto della banda, saluto e torno dai miei amici. Mi sono piaciuti, strano.
Poi ascolto l'album con calma e capisco cosa mi è piaciuto così tanto. Nichilismo, anarchia totale.

L'album si apre con un classico crescendo di inizio sinfonia, post accordatura d'orchestra e qui iniziano a prenderci per i fondelli con un fantomatico titolo Exit ad aprire l'LP. Proiettati alla velocità della luce verso le vere sonorità del gruppo ecco Vernal Equinox. Ed ecco che il dark inizia a farsi percepire. Sax malinconico, incursioni leggere di archi che giocano in pan e una sommessa voce che si ascolta volentieri, verso il minuto 4 tutto diventa elettronico ed un basso alla Massive Attack che (perdonate il gioco di parole) attacca sopra ad una batteria molto New Wave Commerciale. Si chiude il tutto con una chitarra distorta e una similcacofonia di note alte dei fiati, accompagnate dolcemente da un piano.
Beh partenza degna ma riusciranno a mantenere il feeli...
Non c'è tempo. E' già partita Jesus Crust Baked. Basterebbe già il titolo e l'attacco tastieristico con l'organo per zittirmi. Vocalmente più anonima ma accompagnata da originali soluzioni musicali si sposta sempre più sul Post Rock leggero ma buio. E sinfonico. Ma ecco uno di quei ritornelli scanzonati che ti sembra di essere stato nuovamente preso in giro. La certezza arriva quando percepisci nelle lyrics una citazione piuttosto esplicita "You know, girls just wanna have fun" e sotto quella tastiera che replica il successone di Cindy Lauper a modi bridge. Ancora una volta ecco che entra l'elettronica e sporca tutto. Filtri e distorsioni come non ci fosse un domani. Com'è facile intuire il testo è provocatorio e dissacrante, ovvio.
Yes, I Miss The Ramones è però deludente, perchè cercando di spostare loro sound verso quello del gruppo in questione perdono molto illudendosi nel contempo di poter riuscire a rimanere ancorati a quel romaticismo sinfonico che ci sta bene insieme quanto la nutella sopra una fiorentina. Però allora il seguente Barber's Shop è quasi salsa barbecue e difatti riesce a creare un mood molto Tim Burton dell'epoca d'oro. Da molti fan considerata la migliore.
Un breve stacco sinfonico che è goduria per le orecchie anche perché condito da un drop quasi growlato e vocine inquietanti. Poi si accellera e ci ritroviamo in un affresco seicentesco che più volte viene contaminato da bizzarri saw grezzi e controtempi. Questi sono matti, ma tanto.
Intermezzo. Si, avete indovinato, è anche questa una presa per i fondelli.
The Well-Shorn Moufflon Paradox, ommioddio no sembra quasi di sentire i peggiori Coldplay che suonano stile Clash che provano ad imitare a loro volta qualcosa stile Blink-182. Ok ha un ritornello azzeccato e catchy. La salto ogni volta.
White. Questo è il pezzo responsabile del mio attaccamento morboso per la band. C'è da dire che questi ragazzi in live si esibiscono sempre molto esageratamente e scanzonatamente ma qui quasi scende sul palco un atmosfera funerea. Psichedelia cattiva, oscura, lugurbe. Chitarre leggiadre ed impalpabili, una batteria elettrica che esce diretta diretta dalla New Wave, la voce che da pur non eccezionalmente, il suo massimo, condita anche da cori ed effettistica, un tastierone onnipresente e lunghissimo. Una lagna assurda. Una roba che sembra uscita nel 90. Amore puro, insomma. Poi distorsioni. Valanghe di distorsioni. Disturbanti. Fateli smettere. Fateli restare. Fategliela risuonare.
Rainy Spell e Strontium purtroppo soffrono del vizio di venir subito dopo al pezzaccio stile noize. La prima è anche bella, giusti gli stacchi e la melodia ti prende anche. Carine le incursione di space rock che mi fanno tanto rimpiangere i bistrattati Rocket. La seconda è un ritorno all'elettronica e francamente "evvai!". Anche questa volta dimostrano che questa loro personalità musicale sfaccettata porta buoni frutti e forse il percorso più Wave sarebbe quello più preferibile. Poi riff rock indie di stampo tutto italiano e di nuovo atmosfere rarefatte. E c'è pure posto per uno stacco molto blues che non c'entra una beneamata. E poi cosa? Salsa-Latin? Che casino. Molto molto bellina.
Enter per chiudere bella, molto diversa dalle precedenti atmosfere, un pò più scanzonata, un pò più alla Radiohead di Kid A nelle prime parti, quasi Oldfield verso la fine.

Ma insomma, che genere fanno sti ragazzi? Boh. Non so che altro dirvi se non di ascoltarlo. E' una di quelle cose che non sai che ne vale la pena finché non la senti. 
Ah e per chiudere ... Sapete che hanno fatto a fine concerto? Indossato parrucconi alla Mozart e interpretato ognuno con il proprio strumento un pezzo di classica in versione punk. Puro godimento su Also Sprach Zarathustra che diventa Ska. Pazzi o geni.

Sette e mezzo su 10. Ma diventa otto se come me amate quando gli LP vi prendono in giro e uscite che "wooo, non so che cosa cacchio ho ascoltato, ma mi è piaciuto"

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