Il successo di "Imagine" è la premessa indispensabile a questo disco: John Lennon sente l'improvviso bisogno di tornare ad un sound più grezzo, aurorale; si rivolge così agli Elephant Memory Band che profondono molto impegno ed energia nei brani. Il risultato non è male.
Il paragone con l'illustre predecessore è una scusa che non regge: si tratta di due album profondamente diversi, tanto introspettivo e sognante il primo, quanto sociale e attivo il secondo, ed anche il sound è molto diverso. Comunque a differenza di "Imagine", ci sono sicuramente più "sufficienze".
Yoko Ono si intromette continuamente e vuole (e ottiene) la sua parte nel disco trovando spazio anche nelle canzoni di John. Tuttavia le sue canzoni recitano la parte dei riempitivi che spostano a loro modo il baricentro dell'album verso una prospettiva tutt'altro che malvagia, ma sicuramente "pop" ("Sisters o Sisters", "Born in a Prison"). Il gruppo, dal canto suo, non si dimostra esperto negli arrangiamenti, abbastanza scarni.
Bando alle ciance, ogni canzone ha il suo perché e fa tremendamente sul serio, spesso ha un obiettivo pratico, che cerca di perseguire diffondendo il problema: "è stato Rockefeller a premere il grilletto, è questo ciò che pensa la gente", si scaglia John in "Attica State" contro l'allora governatore dello stato di New York, vero colpevole della tragedia nell'omonimo carcere. "Perché nessuno se ne frega di John Sinclair? Bisogna liberarlo!" incalza in "John Sinclair", brano a favore della scarcerazione di quest'uomo accusato per "due canne" e condannato a "dieci anni". Il brano ebbe successo: molto presto John Sinclair venne liberato. Si aizza persino contro la madrepatria in "Sunday Bloody Sunday" (è la stessa "maledetta Domenica" della ben più famosa canzone degli U2) dove arriva ad abbracciare la causa irlandese, presente anche in The Luck of the Irish. "Ti hanno dato tutto ma non le chiavi della prigione", in "Angela", John si mette dalla parte di Angela Davis (che faceva parte delle "black panthers"). Le "pantere nere" combattevano per i diritti degli Afroamericani ma ben presto ci fu una importante repressione contro questo movimento. Angela Davis ne fece le spese e anche in questo caso la canzone di Lennon contribuisce nel suo piccolo alla sua liberazione.
"Woman is the nigger of the world", la canzone più significativa del disco prende spunto da una frase di Yoko Ono che in italiano dovrebbe suonare pressappoco "la donna è il negraccio del mondo". "Se lei non fa la schiava, noi diciamo che non ci ama, se lei è vera, noi diciamo che sta provando ad essere un uomo"; John caratterizza la situazione della donna, con il relativo peso che la storia ha portato con sé. Per chi ha dei dubbi a riguardo afferma: "se non mi credi dai un'occhiata a quella con cui stai".
Non credo si debba guardare a "Sometimes in New York City" come ad un capolavoro: gli arrangiamenti e forse canzoni troppo "regionali" e "circoscritte a loro stesse" limitano la caratterizzazione personalistica del disco, attenuandone paradossalmente la forza d'impeto. Si tratta comunque di un lavoro molto valido: la delusione per l'insuccesso del disco si accompagnerà alla rottura temporanea con Yoko Ono in uno dei periodi più cupi della sua vita.
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