John Mayall è forse la più grande personalità del rock-blues bianco di tutti i tempi, e uno dei grandi protagonisti del movimento "British Blues" che portò, grazie ad appassionati di questa musica che tanto ha influenzato il rock, il blues ad essere un musica anche per bianchi.Cantante, armonicista e tastierista, si è sempre circondato di ottimi musicisti  che tra l'altro puor vantarsi di aver scoperto.Con lui hanno suonato Eric Clapton, Peter Green (poi fondatore dei Fleetwood Mac), Mick Taylor (futuro Rolling Stones), John Hiseman (batterista dei futuri Colosseum) e tantissimi ancora.

Tra la fine degli anni 60 e l'inizio dei 70 John Mayall aveva inciso grandissimi dischi come "The Bluesbreakers with Eric Clapton" , "Bare Wires", "Hard Road" e "Crusade". Nel 68 il Nostro scioglie i Bluesbreakers e pensa di fare una vacanza negli States, in California, a Laurel Canyon. Al ritorno dal viaggio John Decide di incidere un intenso album a nome proprio, portandosi dietro come unico superstite del vecchio gruppo, il promettente e ancora ragazzino Mick Taylor. E' Il 1969, è in pieno periodo psichedelico John Mayall esce con uno dei suoi migliori dischi di sempre, ossia "Blues from Laurel Canyon". Oltre al già citato Taylor, Mayall decide di farsi accompagnare da un gruppo ridotto all'essenziale, in contrasto con le ultime produzioni, soprattutto lo sperimentale "Bare Wires": al basso troviamo Stephen Thompson e alla batteria Colin Allen .
Il blues di questo disco è pregno di un sound quasi "desertico", in cui si fa sentire l'influenza della permanenza californiana del bluesman. Mayall come sempre spazia in lungo e largo tutte le possibilità che il blues ha da offrire: dai sussurriaccompagnati da una band che suona appena carezzando i propri strumenti come "Laurel Canyon Home" ai blues trascinanti con la chitarra di Taylor abrasiva e acida dell'iniziale "Vacation" o di "2401" e ancora "Ready to ride". Mayall marca a fuoco come sempre la propria performance con la sua particolarissima ma unica voce, ma anche con la sua infuocata armonica e gli ottimi arrangiamenti di Hammond e di piano. "Medicine Man" infatti ce lo mostra armato giusto della sua voce e della sua armonica con giusto qualche tocco di percussione. E ce n'è ancora per molti: "The Bear", dedicata al cantante degli americani Canned Heat è un ottimo boogie suonato con perizia e incisivo come non mai, o persino il blues jazzato di "Miss James". John Mayall prende il blues e ci gioca a proprio piacimento come fosse quasi un Bignami di tutta la tradizione afro-americana, e il tutto con una classe che pochi bianchi hanno avuto nella storia del rock. In "First time alone" addirittura c'è solo la voce sostenuta da un impercettibile parte strumentale a tessere questa musica senza tempo. A chiudere il tutto la lunga jam di "Fly tomorrow" a ricordarci che siamo in pieno, e quasi volto al termine, periodo psichedelico.

Se volete ascoltare un album di puro blues in tutte le sue forme eccovi serviti.

Questo è "Blues from Laurel Canyon".

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