“Che cos’è il genio?! È fantasia, colpo d’occhio e facilità di esecuzione”
I nobili di “Amici Miei” sembravano descrivere il Mac.


John McEnroe è uno di quelli che non si possono non amare. Chi è simile a lui comprende i suoi atteggiamenti e ne carpisce la parte positiva, chi non è come lui probabilmente vorrebbe esserlo. Solo dei “benpensanti”, vecchi rimbambiti ai tempi, potevano odiarlo.

Come spesso mi accade, libri o dischi mi fanno tornare a momenti di vita. In quei ricordi d’infanzia quasi del tutto oscurati, inconsciamente ma volutamente. Il periodo 13/14 anni è il primo ad avere qualche traccia nitida. L’anno del “diventare grande”, della terza media, delle prime uscite con i più grandi, del bulletto del cazzo (un bulletto strano però, troppo buono). Il periodo del tennis. Giocavamo in un pezzo di cemento dietro le scuole con rete e righe incredibilmente quasi perfette. Era il mio sport, dritto e rovescio naturali, ottimo servizio, determinazione da vendere. Riuscivo a sfogare la rabbia, uno contro uno... l’avversario probabilmente erano sempre e comunque i miei psicodrammi famigliari da abbattere. Però c’era già il calcio con gli amici e la prima chitarra ed il microfono che attiravano di più.
Però cazzo se mi sfogavo su quel cemento! Finché un tipo mi convinse ad andare a giocare ai campi, quelli veri per “imparare come si deve”, per non sprecare energie, tempo e talento. Un mese, forse due non di più; dopo varie racchette lanciate, bestemmie ed insulti all’avversario di turno. Mettiamoci oltre al calcio, agli amici, al complessino, le prime ragazze più grandi che mi riempivano di attenzioni e il gioco era (s)fatto. Non avevo certo voglia di farmi dire da un “coglione” che dovevo giocare come diceva lui....bellissima e genuina adolescenza, porco zio!

Ricordo anche che già adoravo Borg. Ero affascinato. In terza media avevo già i capelli lunghi e mi mettevo la fascia come lui. Era la mia prima rockstar riconosciuta.
Perché Borg è stato veramente colui che ha cambiato il tennis nel rapporto col pubblico e con i mass media. Borg andava oltre il vincere sui campi. Lo dice anche John se mai ve ne fosse stato il bisogno.

E infatti sono tutte balle che non si possono “amare” entrambi.

Il Genio in questo suo secondo libro ci racconta la sua vita dopo aver chiuso con il circuito professionistico. Ovviamente i flashback con la sua adolescenza, i suoi inizi, alcuni momenti di suoi incontri indimenticabili sono presenti ma non sono la parte determinante. L’ex ragazzaccio del circuito ci vuole far conoscere come può essere la vita di un ex campione che non riesce comunque a “stare fermo”.

La caratteristiche che mi piacciono di McEnroe sono la sua sincerità e la sua schiettezza. Una persona onesta sempre e comunque con tutti e con se stesso. Non riesce a non dire ciò che pensa di qualcuno o qualcosa, non riesce quasi mai a defilarsi e a non dire la sua in merito.
Diventare adulto, padre di sei figli, un divorzio ed una nuova compagna lo hanno fatto crescere, pensare un istante in più prima di dire la propria opinione ma, sicuro, non è cambiato. La diplomazia non è mai stata e non sarà mai tra le sue caratteristiche, poco ma sicuro.

La cosa che si capta da subito è che John ha sempre bisogno di essere attivo. In quali settori, situazioni o con quali persone diventano fattori secondari. Sono due i motivi di questa sua iper attività; John è sempre stato, sin da ragazzino, un competitivo ai limiti del compulsivo, inoltre prova un enorme piacere quando lo ricordano e/o lo riempiono di complimenti. Sentirsi ancora adulato diventa quasi una necessità.

Non accadrà mai che il Mac sparisca dal giro per starsene “tranquillo” per i fatti suoi, lontano dai riflettori o da qualunque posto dove possa, in qualche modo, essere ancora protagonista al centro della scena. Troppo egocentrico.
Egocentrico ma emozionato e timoroso quando incontra qualcuno più grande di lui o che ammira tantissimo come Ali, Michael Jordan o Keith Richard (di cui diventerà amico).

E allora tanta televisione, l’interesse per l’arte, l’amore per la musica ed il Rock’n’Roll (Stones, Zeppelin, Sabbath, Pink Floyd, non male), eventi sportivi e mondani e ogni cosa possa catturare la sua attenzione del momento anche a costo di trascurare, inconsciamente gli affetti famigliari ai quali è legatissimo.

Naturalmente al centro della sua vita rimane l’amatissimo Tennis. Non ha mai smesso di giocare. Appena finita la carriera ha cominciato a giocare nel circuito Senior dove spesso si scherza e si predilige lo spettacolo goliardico alla vittoria... gli altri forse, non lui. E quando non gioca, da decenni ormai è la voce delle ESPN, NBC e BBC per i principali tornei del circuito.

Sentirlo parlare di Tennis è una sinfonia per chi ama lo sport in generale perché i suoi commenti e le sue analisi, non solo tecniche e fisiche ma soprattutto psicologiche, siano impeccabili (o voglio crederlo perché io la penso praticamente sempre come lui in merito).

Le parti più interessanti del libro sono quando parla dei suoi colleghi/avversari/amici/nemici. Qui Mac è cambiato. Le esperienze di vita, il conoscere le persone fuori dal rettangolo di gioco, riflettere un attimo e non giudicare una persona da come si sono vissute le sfide sportive diventa fondamentale. Nessun urlo, zero imprecazioni; ora non si sta più giocando a chi vince la partita o il torneo. Si giudica l’uomo prima ancora dell’atleta.

E così vengono riconosciute le qualità sportive ma soprattutto morali di nemici storici come Connors (troppo simili, amore e odio) e come Lendl (troppo diversi).

Le analisi sui protagonisti del Tennis dopo di lui sono approfondite nei dettagli, nulla è lasciato al caso. Senza sforzo, penso. Mac è un fiume in piena quando parla di tennis e riesce a sviscerare anche i lati meno evidenti dei giocatoti. La sua ammirazione per Federer, Nadal (soprattutto), Djokovic e Murray è immensa. Riconosce, senza esprimerlo chiaramente, i primi tre sopra citati e Sampras sicuramente superiori a lui come tennisti forti e completi ed altri cinque/sei al suo livello (dell’era moderna, ovviamente). Il suo idolo a cui si è sempre ispirato è stato Laver. E il suo storico compagno del più grande doppio esistito, Fleming, un suo grande amico.

Quanto è cambiato il tennis! John è stato l’ultimo esponente di quel tennis che arrivava dagli anni settanta. Io non l’ho vissuto. Ho potuto vedere il Mac, Connors da “vecchio” (ma che vecchio, porco zio!) mentre Borg si è ritirato e non ho fatto in tempo a godermelo.

I campioni di oggi sono fortissimi. Incredibili. Ma io ho nostalgia di quei tempi scazzati, in cui un tennista non aveva allenatori e preparatori, non era un professionista tutta dieta e allenamento ma era prima di tutto un ragazzo con gli ormoni a manetta che si voleva divertire... giocando a tennis. E se c’era un party la sera prima della partita ci si andava, si beveva e fumava, se capitava si scopava... e il giorno dopo ci si presentava in campo con le energie residue. Più umano, più libero, più gioioso e giocoso. Più Nobile.


Borg e Gerulaitis meritano un capitolo specifico, troppo importanti nella vita e nel cuore del Genio.

Vitas il mio amico e compagno, di quattro anni più grande. Gli dovevo moltissimo: mi aveva preso sotto la sua ala protettiva e d era diventato mio amico e mentore”

E per Bjorn:
“Gli hai detto che lo ami anche tu?!” Dice a John Patty la sua seconda ed attuale moglie. Borg lo dice nel loro documentario dedicato a loro due “Fire and Ice”.
“La mia rivalità con Borg è stata diversa da quella con Connors e Lendl per un semplice motivo: io e Bjorn ci piacevamo”.
“Lui è stato decisivo per la mia carriera e quando se ne è andato ha lasciato un vuoto incolmabile. Non voglio esagerare ma fu qualcosa simile ad un lutto, un senso di privazione come quello che si prova quando ci lascia qualcuno che è stato importante nella nostra vita”.
“Non avevo mai visto un giocatore del genere. Non solo per come giocava e per come era in campo, ma anche per come era fuori. Ed io desideravo ardentemente avere un po’ della sua celebrità e delle ragazze che lo circondavano. All’improvviso, grazie a Borg, essere un giocatore di tennis era diventato figo...Bjorn aveva la stessa spontanea disinvoltura di Vitas, il mio idolo dai tempi dell’Accademia”.

Sul loro rapporto, di infinita stima ed amicizia (ora più che mai), ci vorrebbe un libro specifico. La rivalità più famosa ed intensa del tennis anche se durò pochissimo (solo tre anni e quattordici confronti diretti). Caratteri diversissimi e stile di gioco opposti la alimentavano oltre ogni logica. O tifavi per l’Uomo di ghiaccio o per il Supermoccioso.

Cazzata - anche se era veramente così – io, ragazzino, li amavo entrambi! (2)

In realtà Bjorn si era creato un personaggio, si era messo una maschera. Da bambino urlava e spaccava le racchette; poi gli insegnarono a non far trasparire le emozioni a controllarsi, a tenere tutto dentro... ad essere un altro. E credetemi, può funzionare nel breve ma poi queste imposizioni ti massacrano dentro per sempre. Io ho cercato di combattere le mie insicurezze e fragilità con un’ apparenza estetica votata alla perfezione per sentirmi adulato ed amato ed il risultato è stato di moltiplicare, nel tempo, quelle mie negatività (o virtù?!). Cerchiamo di essere sempre noi stessi, non imprigioniamoci in situazioni apparentemente belle ma che ci faranno sicuramente tanto male.

In questo John è sempre stato impeccabile. Essere se stesso in tutte le situazioni è la cosa che lo ha sempre contraddistinto.

“Entrambi coi biondi capelli lunghi, dotati di grande carisma, ma anche di una profonda etica del lavoro. Non ho mai pensato di poter essere al loro livello, ma nello stesso tempo non ho mai rinunciato a cercare di essere come loro, ed ero assolutamente euforico quando ho iniziato a frequentarli e ad uscire con loro, Bjorn e Vitas riuscivano a fare una vita mondana parecchio intensa, senza che questo incidesse sulla loro forma fisica. Per me, invece, era impossibile. Se in campo sono riuscito a raggiungere il livello di Bjorn ed a superare quello di Vitas, fuori dal campo loro due sono sempre stati di un’altra categoria”.

Però ora fatemelo ricordare... “Ma come si mette per battere?! Non si è mai visto”, ci provai subito e, anche se non ricordo, gli esiti furono sicuramente scoraggianti. E quei passanti sia veloci che rallentati?! Quelle risposte anticipate?! Quei lob pazzeschi?! Quegli angoli in cui solo un geniale mancino può riuscire?! Sulla volée... bah, lasciamo perdere, anzi lasciamo parlare quelle immagini sulle vecchie nobili VHS.

Mi sono soffermato sul tennis. Ovviamente parla tantissimo della sua adorata famiglia; dei suoi figli e del rapporto di amore e complicità con Patty. La cosa più bella che gli sia mai capitata. Lo ammiro, penso sia un ottimo padre (e un marito come non ne esistono più). Ha insegnato ai propri figli a guadagnarsi tutto, a non aver scorciatoie per il nome che portano. È bello ma è anche duro portare un nome così famoso; la prima cosa per tutti è il confronto con il padre, grande tennista e personaggio. Quante storie tristi conosciamo di figli di gente famosa.

Semplicemente il più Geniale tra i grandissimi.

Grazie delle emozioni, John e buon compleanno.

Un libro da cinque quando si parla di sport e Tennis e tutto ciò che lo circonda e da tre per il resto senza clamori. “Open” di Agassi, che consiglio, in questo senso è decisamente più intenso, crudo e coinvolgente. Ma è impossibile non dare il massimo a Mac.

Buona lettura, Nobili.

Carico i commenti... con calma