Oltre trenta pubblicazioni nel corso degli anni Settanta, principalmente di matrice gospel e impegnate nei temi sociali.

I grandi successi degli anni Cinquanta e Sessanta sono lontani, la stanchezza compositiva è consolidata, puntuali i dischi natalizi e le raccolte dei tempi andati. La vena creativa è in calo, il nostro ripete la formula consolidata ma riesce comunque a piazzare una discreta quantità di singoli nelle classifiche country.

Gli anni Ottanta trascorrono in parziale discontinuità rispetto alla decade precedente: riuscite collaborazioni (“Highwaymen” del 1985 con Jennings, Nelson,  Kristofferson; “Class of ‘55” del 1986 con Orbison, Lewis & Perkins) risollevano discretamente le opinioni sulle sue sorti artistiche.

In maniera individuale tenta di spaziare tra il rock and roll, ancora il gospel e i più congeniali country e folk, ma l’accoglienza è sempre alterna.

Viene certamente a contatto con il rock contemporaneo, che inonda tutte le stazioni radiofoniche del Paese. Non si lascia tuttavia travolgere in maniera totale: seleziona accuratamente gli autori e le canzoni da interpretare, ancora una volta riguardanti temi sociali, emarginazione, minoranze etniche, leggende della tradizione statunitense. Tuttavia, al tempo stesso, cerca di svecchiare il suono e di renderlo “contemporaneo”.

A titolo di esempio si può menzionare “Johnny 99” del 1983. Ultimo lavoro sotto la Columbia, presenta una rilettura di canzoni contemporanee (fine anni Settanta - inizio anni Ottanta) e alcuni pezzi semi-celebri del passato.

Dal puro country rock di “New Cut Road”, “That’s the Truth” e “Girl from the Canyon”  alle “ballads” intrise di reminiscenze storiche di “God Bless Robert E. Lee” e “Joshua Gone Barbados”, fino al dolce duetto con la moglie June Carter Cash in “Brand New Dance”, i solchi scorrono con tranquillità ma peccano di arrangiamenti talvolta scontati, talvolta melensi.

La movimentata e divertente “I'm Ragged but I'm Right” chiude la facciata B e l’intero lavoro.

Interessanti infine le riletture di “Highway Patrolman” (apripista nonché migliore canzone del disco) e “Johnny 99” di Bruce Springsteen, che le pubblicò nel 1982 nel suo fin troppo sottovalutato album “Nebraska”.

Disco assai lontano da quegli “American Records” che rappresentano la sua grande rinascita artistica (ma anche il suo testamento), “Johnny 99” può esserne (forzando un po’ la mano) una sorta di vaga anticipazione. 

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