C’è chi ci ficca un mattone di diavolina. Poi, a ruota, cadono nell’esofago petroso diversi cocci che pigramente e difficoltosamente prendono fuoco tossicchiando e sputando fumo. A me bastano invece 5/6 stecchetti. Una miccia fatta da una pagina di giornale e poi 4 legni rigorosamente spezzati badando che il tenero cuore ligneo sia proprio lì, alla diretta mercé delle ancor timide fiamme. Guardo il fuoco prendere forza e godo del rassicurante scoppiettio, mentre mi siedo sulla poltrona e poggio i piedi sulla stufa. Dopo 5 ore, intramezzati da qualche pausa, le pantofole riescono a stento a non bruciarmi i piedi e “Nelle terre estreme” di Jon Krakauer è finito.
La storia con ogni probabilità fino a 3 anni fa era sconosciuta ai più, mentre con la recente e riuscita pellicola di Sean Penn il nome di Chris (“Alexander Supertramp“) McCandless è oramai sulla bocca di molti. Fin dalle prime pagine l’autore ci dice come va a finire l‘avventura; così, per mettere subito in chiaro il fatto che il triste epilogo non è la parte essenziale del libro. A posteriori anche il film avrebbe dovuto rispecchiare questa struttura cronologica, ma forse non avrebbe rispettato i criteri hollywoodiani. Quello che ci vuole raccontare l’autore è cosa abbia spinto Chris a scomparire, cambiare nome, dare in beneficienza i suoi risparmi (24.000 dollari) e rigettare l’aspettativa di un futuro roseo ed accomodante. Il ritratto che Krakauer ne fa è quello del giovane acuto, brillante, amante della vita e conscio dell’enorme pericolo nel quale andava incontro.

CRITICA PARZIALE

E’ bene sottolineare che la piega del libro è assolutamente parziale. Ben presto capiamo il punto di vista dell’autore che, capitolo dopo capitolo, giustifica il comportamento del protagonista. Ci si rispecchia addirittura in esso, quando poco più che ventenne per 20 gelidi giorni sfidò la vita ed il temibile Devils Thumb e la sua parete ghiacciata per soddisfare quella che lui definisce “necessità di sentirsi libero“. Crede per tale motivo, per il suo passato burrascoso, di avere gli occhiali della gradazione corretta ed essere quindi adatto a guidarci nella spiegazione di quella che pare essere in tutto e per tutto una morte senza senso: gratuita e scontata.
Per evitare di incorrere nel macro errore del dare alla luce un’opera certamente potente, densa ed emozionante, ma contempo mal equilibrata e di parte Krakauer controbilancia con intelligenza il tutto dando molto spazio ad elementi di dissenso e forte critica che vennero espresse negli U.S.A. subito dopo la notizia della morte del ragazzo. Riflessioni dure circa il dubbio senso di tutta questa romantica, inutile e ossessiva ricerca dell‘emozione e dell‘estremo, sulla stupidità mista ad arroganza del protagonista, sulla mancanza di preparazione e sul fatto che abbia letteralmente buttato via una vita e abbia agito egoisticamente arrecando dolore indicibile alla famiglia che lo amava.

MORTE ALLA RICERCA DELLA VITA

Il taglio dell’autore fa pensare che McCandless sia morto mentre stava cercando di trovare un obiettivo che lo potesse far finalmente vivere. I motivi per i quali perì non furono dovuti al fatto che sottovalutò l’ambiente. Prima di partire per la sua avventura aveva alle spalle una pazzesca avventura nel sud: era arrivato fino al Golfo del Messico con una canoa ed era sopravvissuto per un mese portandosi dietro come provvista solo una manciata di kg di riso. Se l’era insomma cavata egregiamente pur perdendo 15 chili di peso. Prima dell’avventura nel grande Nord aveva imparato a patire la fame, a cacciare, si era fatto spiegare come si dovesse affumicare la carne ed aveva letto diversi libri di botanica. Riuscì così a sopravvivere in una foresta per oltre 90 giorni cibandosi di selvaggina, radici e bacche. Non portò volutamente diversa attrezzatura ritenuta essenziale in quell’ambiente perché la prova che aveva in testa doveva essere estrema, ma riuscì quasi nella sua impresa.
Altre persone nella storia si erano imbarcate in avventure simili con esiti identici. Il libro è quindi pieno di citazioni di classici sui quali spicca London e di tentativi di altri vagabondi. Persone che sono andate alla ricerca di un reale contatto con la natura, per una vita solitaria senza certezze e facilitazioni rifiutando la routine della vita moderna e tornare così indietro nel tempo ad un’esistenza pura e primitiva. Tuttavia ogni storia è particolare e non possono, a mio parere, essere comparate le une alle altre: tantomeno quella di McCandless con quelle di ’800 ed inizio ’900. Nel 1992 infatti, perfino l’Alaska nella quale si è cacciato Chris non era più completamente intonsa, pura e selvaggia come avrebbe voluto che fosse. Visse per 4 mesi in un autobus dismesso (non una caverna) e a “soli” 20 km di distanza c’erano capanne ed una strada. Per isolarsi completamente si dovette privare deliberatamente di una cartina (vero elemento che gli costò la vita), per far finta che un mondo del passato esistesse ancora.

PERCHE’?

Perché tutto ciò? Possiamo immaginare che dopo una vita di costrizioni da parte della famiglia avesse sognato per anni il grande nord e la sua Avventura. Adorava la vita, ma forse non poteva accettarne una sedentaria prima di realizzare l’obiettivo che si era prefissato. Tutti noi in fin dei conti ne abbiamo uno e sappiamo bene quale sia, anche se spesso non lo diciamo. Solo dopo l’Alaska Chris forse sarebbe stato disposto a “mettere la testa a posto”, dopo aver provato l’ebbrezza di una vita primitiva ed aver dimostrato a sé stesso di essere autosufficiente e libero in tutto e per tutto. Questa è la chiusa dell‘autore, suffragata da pezzi di diario, analogie con il passato e da interviste con familiari e conoscenti. Quelle di Krakauer sono tuttavia solo ipotesi, molto ben costruite e proposte, che come tali rimangono.
Una personalità così enigmatica, dannatamente double face, capace di essere istrionica ed avere un effetto magnetico sulle persone, per poi rinchiudersi in un baleno ed isolarsi in modo totale e consapevole non si può decifrare. E’ stato capace di covare silenziosamente per anni questo viaggio, fingendo felicità al momento della fine della High School per poi scappare subito dopo senza che i genitori avessero capito minimamente le reali intenzioni del figlio. Credevano, al contrario, che avesse finalmente trovato il giusto equilibrio dopo il diploma. Quello che passava per la testa a Chris “Alexander” non lo può sapere davvero nessuno e se lo si crede secondo me si è un po’ arroganti e presuntuosi.
Ciononostante quello descritto è un libro magistralmente scritto, intenso nella sua drammaticità ed esuberanza, che offre diversi spunti di riflessione; sia per chi sente di avere una qualche remota affinità con il romantico personaggio e sia per chi scuoterà la testa divorando le pagine incredulo e quasi incazzato. Comunque la pensiate è una storia che merita di essere letta (e possibilmente solo dopo vista) e vi farà discutere e pensare.

ilfreddo

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