Jonathan Demme, regista statunitense scomparso quest’anno, ad Aprile, autore del pluripremiato “The Silence of the Lambs” (in Italia “Il silenzio degli innocenti”), del ’92, e di uno dei più iconici film riguardanti l’omosessualità e l’AIDS, “Philadelphia”, dell’anno successivo, ha messo la firma a una trilogia dedicata a Neil Young, uno degli artisti più prolifici e innovativi della storia del rock, con le sue derivazioni.

A chiudere il trittico monografico, nel 2011 arriva per la prima volta nelle sale “Journeys”, un docufilm che, con la scusa del viaggio in macchina di Neil per raggiungere la Massey Hall di Toronto, storica venue dove aveva già suonato il 19 gennaio 1971, riproduce il concerto che in qualche modo celebra il quarantennale. Le canzoni in scaletta, all’interno del film, vengono riproposte in un ordine diverso rispetto alla scaletta originale del concerto, in quanto alternate a dei momenti di rievocazione da parte di Neil di episodi della propria vita e a delle scene alla guida della sua macchina (l’artista canadese ha un debole per i motori!). Essendo un lavoro di cinema, il montaggio personale del regista ci sta tutto. E poi è fatto davvero bene!

I titoli di coda hanno come colonna sonora “Helpless”, brano storico legato al supergruppo formato da Neil e da David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash, suoi colleghi, amici-nemici. Nella pellicola compare, in una breve scena all’inizio, il fratello di Neil, Bob; in seguito l’artista fa riferimento al padre, Scott, scrittore rinomato in patria, autore anche di un’autobiografia, “Neil and Me”, su sé stesso e sul figlio, come dice il titolo.

Demme usa con maestria le tracce video dal concerto alla Massey Hall, dando allo spettatore un’idea dell’arte immortale di Neil, che, a 65 anni, si destreggia ancora tra i suoi fedeli strumenti: l’armonica, la chitarra e il pianoforte. Il documentario è esiguo, non propone altro che alcune impressioni del musicista sulla propria vita, sul proprio paese e, in generale, sui luoghi a cui è legato. Neil parla di quando, in giovane età, andava a pesca, o di quando, da bambino, ha ucciso una tartaruga con dei petardi (cosa non molto coerente con il futuro ambientalismo e ecologismo, come dice lui stesso ridendo). Indica, anche, dalla sua auto la scuola intitolata al padre.
Per quanto riguarda le canzoni, non si può rimaner delusi. La voce è la stessa di sempre, inconfondibile, quel falsetto viscerale che tocca delle corde sensibili nell’ascoltatore. Si parte da “Peaceful Valley Boulevard” (tratto da “Le Noise”, gioco di parole basato sul produttore, Daniel Lanois, che ha anche lavorato con Brian Eno, gli U2, Peter Gabriel e Bob Dylan, per fare qualche nome), si passa per “Ohio”, “Down by the River”, “After the Gold Rush” e “My My, Hey Hey (Out of the Blue)”, per arrivare infine a “Walk With Me” (sempre da “Le Noise”).

Un opera cinematografica che vi straconsiglio, se volete vedere e ascoltare un artista sempre fresco, sempre giovane (come dice il nome). Non aspettatevi un documentario nel vero senso della parola. C’è tanta tanta musica qui.

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