Anno 1976: nasce ufficialmente il genere dell'Heavy Metal, e se ciò accade lo dobbiamo principalmente all'opera seconda dei Judas Priest, dal poetico nome di Sad Wings of Destiny. Il quintetto inglese capeggiato da Rob Halford dà alla luce un capolavoro assoluto, destinato a rimanere nella storia per il talento con cui sono state composte le canzoni (in gran parte dal geniale chitarrista Glenn Tipton) e la maestria con cui sono state eseguite, ma soprattutto per la rivoluzione musicale che ha rappresentato. Sebbene i palchi di tutto il mondo fossero già da qualche anno infestati dai leggendari Black Sabbath di Iommi e Osbourne, a cui si attribuisce l'invenzione del genere, il primo vero e proprio disco considerato di metallo al 100% è proprio quello in questione.

L'album parte subito con un mito, la perla dei Judas Priest, l'inossidabile e insuperabile "Victim Of Changes", una canzone che racconta di cambiamenti e che è il simbolo del suddetto cambiamento musicale cercato e trovato dal gruppo. Un indimenticabile fraseggio di chitarra ci introduce al riff-schiacciasassi, seguito dalla strofa in cui Halford dimostra tutta la sua classe e l'originalità della sua voce acutissima (caratteristica che lo rende assolutamente indispensabile per centinaia di cantanti metal successivi), mentre l'atmosfera si oscura sempre più, le micidiali chitarre di Tipton e Downing martellano in contemporaneae si arriva al nero finale, in cui Rob esplode con urla degne di un soprano. Acute sono anche le note che danno il via alla seconda traccia, anch'essa storica, anch'essa rivoluzionaria, anch'essa metallica. "The Ripper" è in tutto e per tutto una stupenda metal song, ancora oggi insuperabile, all'epoca semplicemente devastante (siamo nel '76! Per gli Iron Maiden dovevano passare ancora 4 anni! Cioè, ma cirendiamo conto? Eh?), la storia del sanguinario Jack lo Squartatore viene narrata a un ritmo incalzante di schitarrate squadrate e si arrampica su geniali cambi di tonalità, il tutto condito a dovere dalle solite prodezze vocali della crapa pelata più famosa del metal. Il brano è il numero tre, ma il livello qualitativo non cambia: questa volta a essere definito è il genere delle ballate metal, e di queste non manca chi considera "Dreamer Deceiver" la migliore di tutti i tempi: l'atmosfera è irreale e rasserenante, la composizione superba, la melodia senza tempo, i vocalizzi finali di Roberto, inarrivabili tanto per cambiare, e l'assolo di chitarra, vero cuore della canzone, in una parola paradisiaco. Siamo arrivati finalmente al primo pezzo dell'album che non sia anche un capolavoro: "Deceiver" è tirato e movimentato, non stupisce ma neanche delude. Quelli che seguono sono due malinconici minuti strumentali in cui fa la sua comparsa il pianoforte, e che rappresentano il preludio ("Prelude", appunto) a un altro pezzo storico della band: il veloce e potente "Tyrant", in pieno stile Judas, con un ritornello ben riuscito e un ottimo momento in cui Bobby (ehm... sto parlando sempre del cantante, eh? non so più come chiamarlo...) è accompagnato da una seconda voce; il Tiranno resterà per molti anni una colonna portante dei live dei preti di Giuda. "Genocide" è un pezzo più hard rock dei precedenti, con riff potenti e azzeccati, che presenta nei testi uno scenario apocalittico in cui la razza umana viene completamente annientata (tanta fortuna...), "Epitaph" è una serenata in cui è il pianoforte l'unico strumento a supportare la voce, e sorprendentemente si rifà alle sonorità e ai toni dei Queen, mentre a chiudere il disco ci pensa "Island Of Domination", che da tipica cavalcata veloce e pesante diventa a tratti un lento e cupo blues.

In definitiva, Sad Wings of Destiny, probabilmente il miglior album del gruppo, non è stato uno dei suoi maggiori successi di vendite (come Turbo o Painkiller), nè contiene molti dei suoi brani più conosciuti (come invece fanno British Steel o Screaming for Vengeance), ma ha il suo pregio unicamente in una caratteristica: la musica. Rendiamo grazie agli Dei del Metal.

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