E iniziamo l'avventura scrivendo la mia prima derecensione, con una frase che inizia con una congiunzione, come a voler riprendere un discorso interrotto, parlando e discettando di un album che ormai annovera qualche annetto, ma che a me continua a piacere molto, ça va sans dire! Altrimenti perché recensirlo?

L'opera in questione rappresenta, nel suo essere il prodotto controverso e dibattuto di una band altrettanto controversa e dibattuta - tali Kasabian di Leicester, UK - una congiunzione tra le sonorità al fulmicotone dell'esordio omonimo "Kasabian", ripetute seppur in tono minore nel successivo "Empire", alle visioni a tratti da dancefloor, con tocchi groove e hip hop, dei successivi lavori, in particolare "Velociraptor", con il famoso produttore Dan the Automator a coadiuvare il lavoro della band.

Nel mezzo, a mò di punto di rottura, ma anche di unione degli opposti, nella migliore tradizione della dialettica, si piazza "West Ryder Pauper Lunatic Asylum": titolo da sedicente casa di cura mentale vittoriana, dove forse all'epoca i Nostri sarebbero stati accolti a braccia aperte, e con una bella camicia di forza da far loro indossare, per un rehab da abuso di sostanze più o meno lecite.

Il disco della band di Sergio "Serge" Pizzorno, mente musicale pensante, e di Thomas Peter Meighan JR (per gli amici soloTom), lead vocals, volto e sfrontato frontman, rappresenta un punto di rottura, un tentativo a mio parere nel complesso riuscito, di infondere una verve rock sudata e psichedelica al post-brit pop stile Madchester, sporcato di chitarre e qualche virata electro-dance che contraddistingue il loro marchio di fabbrica.

Si va dalle atmosfere da deserter song con influssi anni Settanta dell'ormai superclassico anthem "Fire", che mi evoca la scena del matrimonio della Sposa di "Kill Bill" celebrata nella cappella nel deserto (inutile ricordare come va a finire...), agli inserti vagamente arabeggianti di "Where Did All the Love Go?", che a detta della band traggono spunto da certe intuizioni ledzeppeliniane, alla "Kashmir" per intenderci, fino al suono quasi gospel del titolo di chiusura, "Happiness", dolce, sereno e che irradia felicità, per l'appunto.

Nel mezzo fanno da alfieri della tradizione dei Kasabian la nervosa "Fast Fuse" e la sanguinolenta e veloce "Vlad the Impaler", che eseguita dal vivo scatena sempre il pandemonio tra il pubblico.

La mia track preferita rimane comunque "Underdog", l'incipit dell'album: una canzone che racchiude l'intero senso di questo disco. Parla di outsiders, di chi parte svantaggiato (di "underdogs", ovvero di perdenti), di chi, come il Leicester City FC, di cui i Kasabian sono grandi tifosi, inizia la sua avventura senza alcuna chance di vittoria, ma poi, perseguendo la propria via senza lasciarsi distogliere dai richiami accattivanti delle sirene e dalle profezie catastrofiche delle sibille, con impegno e a testa bassa, stupendo tutti, si porta a casa il primo posto nella Premier League!

"West Ryder Pauper Lunatic Asylum" è nel complesso un album melanconico, collerico, flemmatico e sanguigno: tutto e il contrario di tutto. Che si adora o si odia, così come succede con questo gruppo, senza vie di mezzo. Peccato che non abbia avuto seguito, e che ci sia stato un ritorno a formule musicali più accattivanti per le chart.

Certo, non avranno inventato nulla di nuovo, sanno cavalcare l'onda del consenso del pubblico, e da questo punto di vista si sono rivelati negli anni un perfetto e riuscito gruppo pop, massiccio. Le accuse di megalomania mosse al disco e alla band mi sono sempre sembrate fuori luogo, in fin dei conti non stiamo parlando di novellini naif, ma di musicisti compiuti che hanno tutto il diritto di fare i loro esperimenti sonori, e che nella dimensione live sanno creare uno show intenso e accattivante, dove non mancano i momenti di divertimento puro e le parole cantate a squarciagola come inni da stadio. Poi se sei ubriaco e ti lasci andare ad esternazioni tipo, per citarne solo alcune:

"Siamo la band numero uno al mondo.", oppure: "A livelli alti nella scena guitar indie rock siamo rimasti solo noi e gli Arctic Monkeys, forse i Kaiserchiefs", (fonte interviste a NME)

come è successo a Tom Meighan, qualche antipatia rischi di certo di suscitarla... ma non drammatizziamo troppo, è solo il retaggio della cattiva influenza esercitata dai loro padri putativi Oasis.

Penso non serva aggiungere che io faccio parte della schiera degli adoratori dei Kasabian, che a Tom perdono tutto, come a un fratellino minore, e che non vedo l'ora di rivederli in concerto!

"It don't matter, I won't do what you say
You've got the money and the power, I won't go your way
I can't take from the people, they don't matter at all
I'll be waiting in the shadows till the day that you fall"

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