"Gli uomini sono incapaci di vedere... rimangono ancorati a terra e vedono solo quello che hanno sotto il proprio naso. Quando il suolo gli trema sotto i piedi, allora vanno nel panico. Ed è quello il momento in cui regalano la loro anima a Dio o a Buddha.

Noi non ci rendiamo conto di essere immersi in un flusso molto più grande di noi. Gli scienziati fanno sempre grandi calcoli. Una quantità assurda... un tempo infinito... un'energia in'immaginabile... e alla fine cosa rimane di tutto questo? Il nome di qualche studioso, niente di più. Eppure quel flusso scorre proprio davanti ai nostri occhi...

Cosa fa un uomo quando cerca di guardare qualcosa che è lontano? Socchiude gli occhi... e quando si trova davanti a qualcosa più grande di sé? Aprire gli occhi non serve a niente.

L'universo sta fluttuando verso il suo stadio finale, ciò che è alto si abbassa, ciò che è denso si rarefa e si disperde. La direzione è uniforme e irreversibile.

Gli umani sono esseri viventi e, come branco, cercano di opporsi a tale principio; tuttavia, nel grande schema delle cose, anche loro si trovano all'interno del flusso.

L'unica cosa che può contrastare questo flusso è il "potere": manifestare il "potere" può fermare il flusso, ma è temporaneo, perché quando esso riprende il proprio corso, aumenta la propria velocità e torna allo stato di partenza. Quando gli uomini riescono a vedere il flusso, vengono pervasi da un grande terrore. Tu stesso l'hai visto...

L'aspetto non è altro che un involucro. Akira non si trova all'interno del flusso...

Coloro che vivono all'interno del flusso non possono comprendere."

Così come per cinema e letteratura, anche i manga (e il mondo di graphic novel/fumetti in generale) hanno sia prodotti puramente commerciali che altri più autoriali e complessi, oppure opere che coniugano perfettamente queste molteplici sfumature ed esigenze. Intrattenimento e complessità, divertimento, azione e riflessione filosofica, spirituale. AKIRA, che usciva in Giappone quarant'anni esatti fa - era il 1982, stesso anno anche dell'uscita di Blade Runner -, indubbiamente fa parte di quest'ultima categoria.

Un'esperienza che rimarrà per sempre indimenticabile. Oltre duemila pagine - suddivise in sei volumi - di un'opera epocale, il cui universo ha segnato l'immaginario cyberpunk, influenzando profondamente il mondo del fumetto giapponese (da Alita, per citare il più importante, a Shintaro Kago fino al recente Adou, pur se meno significativo) ma anche l'immaginario comune in generale, fino ad avere punti di contatto e in comune anche con il cinema e, in particolare, un autore come Tsukamoto. Che ebbe a definire il suo Testuo (omonimo, peraltro, del personaggio cardine dell'opera di Otomo) come un "fratello minore un po' birichino, non perfetto quanto AKIRA". Anche se, in verità, il riferimento del regista era più all'adattamento cinematografico, uscito quando il manga non era ancora stato completato. Adattamento anime che fa un po' storia a sé, e che si rivela infinitamente inferiore all'opera letteraria. Ma questa è un'altra storia.

Otomo rientra di diritto nella categoria dei geni per aver creato personaggi come il sopracitato Tetsuo, Lady Miyako, Akira, Takashi, Masaru e Koyoko, Kaneda, Kay... e soprattutto per aver messo in scena un universo tanto denso di tematiche, spunti, figure, questioni e implicazioni; con molteplici riferimenti culturali del suo paese ma non soltanto.

Si parla di guerra, distruzione, rovine, bombardamenti (gli americani sono porci anche qui, non casualmente vista la storia del Giappone), ma soprattutto di energia. L'eredità della bomba atomica è quel che più di ogni altra cosa ha segnato la cultura giapponese del dopoguerra. Come altrimenti non poteva essere. L'emanazione del potere energetico ha caratterizzato molteplici anime e manga (su tutti è facile citare il caso di Dragon Ball) ed è sintomatico di un trauma che, in AKIRA, diventa esplicito, fin dalle prime pagine, in cui si viene introdotti nella Neo Tokyo nata dalle ceneri della terza guerra mondiale. Che Otomo immaginava per la fine degli anni '80, ambientando infine la sua creazione trent'anni dopo, praticamente ai giorni nostri.

AKIRA è un universo fatto di motociclisti e relative gang, militarismo (un'altra delle eredità della cultura nipponica contemporanea), monaci guerrieri, esperimenti su bambini, sogni premonitori, mutazioni corporali (certamente non esenti dalla lezione cronenberghiana). Soglie e confini dimensionali, figli senz'altro della cultura shintoista. Il flusso del tempo, la memoria dell'universo, il mondo spirituale, i ricordi, l'amicizia. Quando parliamo di AKIRA, parliamo di un capolavoro autentico.

Otomo suggerì anche una volontà di scoprire una umanità differente, rispetto a quella materialistica che conosciamo e diamo come per acquisita. Ebbe la visione di una umanità in cui si possa in futuro comunicare e comprendersi reciprocamente senza il bisogno delle parole e in cui ci sia la possibilità del libero arbitrio.

Un mondo spirituale, se vogliamo. Nato dalle ceneri del mondo più volte distrutto dalla presunzione dell'uomo di poter maneggiare un potere immenso e illimitato, ma assolutamente non alla sua portata. Un potere che non ci è dato di comprendere fino in fondo. Grande quanto quello che ha dato origine all'universo stesso.

In questo senso, è bello che alla fine restino aperte alcune questioni, insolute certe domande. Su tutte: che fine hanno poi fatto Masaru, Kiyoko e Akira, dopo che quest'ultimo ha assorbito Tetsuo? È bello immaginarli ora come esseri puramente spirituali, eternamente volteggianti al confine tra questa dimensione e l'altra. Una dimensione di pura onniscienza, in cui memoria, ricordi, sogni, passato e futuro fanno parte di un'unica entità. E soprattutto, finalmente liberi dal proprio dolore e dal patimento di una vita terrena condizionata dalla dipendenza dai farmaci. Così come libero è infine lo stesso Tetsuo: personaggio centrale, forse il più bello in assoluto, e che pur nel suo ruolo di villain di fatto, suscita in più occasioni un'infinita tenerezza. Soprattutto alla fine.

Così come resta in sospeso (o comunque non esplicitamente risolta) la domanda su dove fosse stato Kaneda (il vero eroe di fatto della storia) durante la sua assenza (l'intero volume 4), a seguito dell'emanazione di energia causata da Akira e prima che precipitasse dal cielo dopo essere, comunque, già apparso a Kay e percepito da Tetsuo. Probabile che fosse a sua volta in quella dimensione sospesa nel tempo e nello spazio, intrappolato dopo essere stato travolto dall'onda di Akira (altrimenti detto Numero 28).

Tra le tante cose già elencate, AKIRA è inoltre uno studio sulle conseguenze della fine improvvisa di una civiltà, con la ciclica riproposizione di dinamiche tribali, di adepti a uno o più culti, di logiche neo imperialiste seppur piuttosto velleitarie in quanto improvvisate.

Ma più di ogni altra cosa, è un'esperienza come quelle che solo le grandi saghe possono offrire. Con tutto l'amore verso i personaggi, la passione nei confronti delle rispettive vicende, l'emozione e il lutto una volta conclusa anche l'ultima pagina. Vista l'ultima vignetta. Ripensato alle figure scomparse ma vive per sempre nella memoria.

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Altre recensioni

Di  cptgaio

 Una metropoli (Tokyo), un sole che esplode nel suo centro, nessun rumore o commento di fondo... solo silenzio, così si apre 'Akira'.

 'Akira' è più che un film, una ricerca filosofica volta a sperimentare nuove vie di purificazione, dove il male e il bene si presentano mascherati e confusi.