Era l’una di notte quando, colto da fame improvvisa, Kavus Torabi si mangiò una mela. Veniva all’incirca dal paradiso e grazie alla tangibile realtà di quel frutto recuperò in un attimo il suo corpo fisico.
Erano le tredici e cinque del 22 ottobre e pure io stavo mangiando una mela. Una faccenda tipo pausa pranzo seduto su una panchina addolcita da un tiepido sole. Non venivo dal paradiso, ma insomma stavo benino, un pisello nel suo bacello, come diceva quello.
C’è una legge però ed è quella che dice che puoi nasconderti pure in capo al mondo, ma un rompiscatole lo trovi sempre e infatti ecco davanti ai miei occhi il paradigmatico e sordido Bisazzi che se ne esce con una sentenza delle sue:: “alle mele preferisco le pere, immagino tu capisca il perché”.
Beh, il fatto che nemmeno in pausa pranzo si stia in pace è la prova dell’inarrestabile declino di questo mondo. Vana e pallida soddisfazione la mia immediata replica: “Oh Bisazzi, tu le pere mi sa che è da un po’ che non le mangi”…
E comunque vi dirò che sto Bisazzi è un marcantonio d’infermiere e anche mio collega in casa di riposo dove animo i vecchietti con una verve che ciao. Lui, dal canto suo, se ne va in giro a fare la testa di cazzo non plus ultra, senza contare che è pure fascistissimo: “la Romagna ha un solo vanto, la ridente cittadina di Predappio”, capito il tipo?
Non stupirà allora che è da mo’ che noi andiamo di schermaglie, l’ultima proprio ieri, al mio arrivo in macchina con musica sparata, nientemeno che “Flyng teapot” dei Gong, effettivamente non proprio una roba per il volgo.
“Che è sta merda che ascolti?”, mi fa lui e allora io vado di spiega e tutto serio dico: “qui, oh Bisazzi, si parla di saggi omini verdi che vanno in giro su teiere volanti”. “Mi sa che stai un po’ troppo fuori” dice allora e io rispondo “Tu invece fuori ci stai un po’ troppo poco, quindi non so chi tra noi due sta messo peggio” e soddisfatto lo lascio li stolido e abbacchiato.
Motivo della soddisfazione era anche che l’Antonova li presente si è prodotta in un sorriso tipo quando vien fuori il sole. Si puà ancora dire figa della madonna senza incorrere nel reato di sessismo? Se si, allora lo dico. Tra l’altro il sorriso era per me anche se io non ho il coraggio di rivolgerle la parola, troppo bella lei, un filino troppo vecchio io. Fa niente se i tarocchi han sentenziato che lei è la papessa e io il folle, una roba che come connubio spacca alquanto.
Comunque, tornando alle mele, mo’ vi offro il mio modestissimo inventario, musica emozioni purezza sentimenti. Allora, seguendo un ordine casuale, ecco a voi la torta di mele di Donatella, il Rimbaud di “più dolce che a un bimbo la polpa degli acidi pomi”, “Apples and oranges”, secondo 45 dei Floyd bello come il primo e il primo era Emily.
Non fosse sufficiente aggiungo Eva Kant cacciata dal paradiso, le gote rosse del suo bel viso, la mela al giorno che toglie il medico di torno e il fatto che con le mele la nonna ci faceva le frittelle che, anche se non crescono sugli alberi, in paradiso ci sono di sicuro.
Se pensate che vi stia prendendo in giro siete fuori strada. Certo, al pari di pensieri smandrappati e parole in libertà, le mie mele non sono che aria fritta, ma la mela di Kavus, beh la mela di Kavus è invece un frutto di tutto rispetto e presto vi sarà chiaro pure il perché.
Ora però, per non irritarvi troppo, è meglio che io passi alla recensione propriamente detta, tralasciando, come avrei voluto, di parlarvi di Biancaneve o del vermicello che nella mela è solito prendere dimora. Il fatto è che certi dischi sono come il gas esilarante e portano al delirio anche i bipedi più savi.
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Bello che escano ancora album così, tre quarti psych, un quarto Canterbury + polverina cosmica a piacere. Poi, per essere ancora più chiari vado oltre il quattro tre tre o quattro tre due uno e faccio i nomi: Xtc, Syd, Robyn, Cleaners from Venus, il Julian Cope di Fried, Caravan, Hatfield and the North. Una pacchia insomma e morte di cui siam già morti mille volte. Roba che hai tutto, tranne forse una ninfa, il grande femminile essere sognante, ovvero Nostra Signora Antonova, meraviglia della natura e caposala. Ninfa o non ninfa però abbiamo Kavus e abbiamo la sua mela, lucida, verde, abbacinante…
Kavus che non è di primo pelo, sta oltre i cinquanta ed è una specie di eroe underground. Mezzo iraniano e mezzo inglese, conta un curriculum zeppo di album, collaborazioni, band, una roba davvero sterminata. Tra le altre cose è stato membro dei Cardiacs ed è tuttora leader dell’ultima incarnazione Gong, ovvero il gruppo che dalla mia macchina ha investito le orecchie del malcapitato Bisazzi.
Bene, io di tutta sta roba prodotta non so nulla, nemmeno dei Gong ultima versione. Ma è la solita storia o la solita tiritera che tocca ai noi folli devoti della musica, scopriamo che un certo Tal dei Tali ha sfornato un disco magnifico come questo “The Banishing” e poi veniamo a sapere che di dischi ne ha fatti tipo altri 455. Tanti auguri povere orecchie nostre.
E comunque che piacere questo disco, che buon umore: il tempo sospeso, le cose dispari, l’anarchia fluttuante, le folate cosmiche. Anche se poi buon umore un par di palle, visto che il tema è il crollo psichico, però dai, val sempre la regola di trasformare la merda in oro, alla farfalla dell’abisso interessa il giusto visto che può volar via. E cosa è più farfalla di questa musica?
Senza contare che Kavus mi ha fatto sorridere, in difficoltà per il testo del brano iper cosmico, quello dove davvero c’è un’energia quasi sacra che ti accarezza, che ti combina il nostro? Beh, prende una dose “eroica” di lsd, un po’ come la fenomenale sorsata di veleno di Rimbaud e succede quello che dicono tutti, via l’ego, via la spazzatura, “pulizie cosmiche di primavera” come dice saggiamente un tizio in rete.
Il viaggio dura undici ore e, si sa, dopo undici ore vien fame. E’ l’una di notte e Kavus vede una mela...
Il resto lo sapete già…
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