Kim Ki Duk è senza ombra di dubbio uno dei più grandi esponenti del cinema orientale, ed ha con i suoi lavori creato un modo di girare ed intendere cinema prettamente romantico e lirico, dando un tocco poetico a pellicole che rimangono capolavori assoluti di quest'arte. I due gioielli "Ferro 3 - La casa vuota" e "Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera" sono esempi lampanti, e sublimi aggiungerei, di come le pellicole del coreano riescano a toccare il cuore dello spettatore portando sul grande schermo storie dall'esile trama, ma che hanno nel loro impatto visivo e soprattutto poetico una grandezza estetica che riporta alla mente una "schematizzazione" formale quasi pittorica. Non a caso lo stesso Duk ci dice che prima di essere un cineasta egli è un pittore e avanguardista d'arte. Arte che può essere sia quella pittorica appunto, che il cinema stesso che ha in Kim Ki Duk una delle massime espressioni innovative. 

I due film sopra citati erano delle vere e proprie opere d'avanguardia in cui la vena artistica del pittore si rifletteva in ogni singola immagine, accentuando i particolari quasi a voler creare una quadro vero e proprio all'interno di ogni scena. Inoltre la quasi mancanza di dialoghi rendeva l'atmosfera intrisa di sensazioni ed emozioni che lo spettatore assaporava in ogni singolo frammento. Un'attitudine rivoluzionaria che si era sgretolata prepotentemente con il film "L'arco", in cui il cineasta coreano strizzava un po' l'occhio al cinema più "stereotipato". Ecco il motivo per cui questo Time, tredicesima opera di Duk e uscito nel 2006, ha suscitato attese, aspettative, paure su quale poteva essere il destino del cinema firmato dal genio coreano.

Time è Kim Ki Duk al 95 per cento. L'impronta registica si intravede già nel tema principale:l'amore. L'amore, che era stato il baluardo fondamentale di La casa vuota, quì diventa forse ancora più sofferto. Il giovane Ji-woo, perde la sua compagna Seh-hee a causa dei complessi di lei. Infelice nel vedersi sempre uguale, infelice nel constatare che il suo lui non prova più quella passione che li legava in principio. Seh-hee decide di cambiare drasticamente:operazione totale del viso, con lo scopo di tornare dopo sei mesi più bella e sensuale di prima. Ji-woo vaga alla disperata ricerca della sua amata e quando avverrà l'incontro chiarificatore sarà lui, questa volta, ad avere una repulsione nei confronti di Seh-hee.

La trama è lineare ma ha al suo interno delle molteplici variazioni e giochi di "persone" che complicano l'intera vicenda. Dall'amore puro della prima parte si passa quindi ai conflitti. Ma Kim Ki Duk ci mette di fronte anche ad un altro problema dilagante della società odierna, cioè quella voglia incondizionata di cambiare il proprio corpo. Molte volte però questo "cambiamento", che dovrebbe migliorarci positivamente incide in tutt'altra maniera. E' proprio il caso di Seh-hee inamovibile nella sua decisione di "mutare" e poi consapevolmente pentita di non aver trovato la felicità che cercava.

Oltre questi motivi, che sono di assoluto interesse, quello che veramente distingue il modo di fare cinema di Kim Ki Duk è la ricercatezza continua dei dettagli, di angolature che possano mettere in evidenza una pulizia formale volta ad esaltare l'attitudine della "perfezione" portata avanti dal regista coreano. In questo senso sono emblematiche le sequenze ambientate sulla "Spiaggia delle sculture", vere e proprie fotografie in movimento che potrebbero benissimo far parte di un ipotetico collage d'immagini. La locandina è proprio una delle scene della "spiaggia" e la fotografia, un po' come in La casa vuota è uno specchio della realtà che non si esaurisce nell'attimo in cui viene scattata, ma continua a pulsare di vita trasmettendo emozioni. Il trascorrere del tempo (quei sei mesi di attesa prima di potersi "rivelare" dopo le operazioni chirurgiche), è lo stesso che persiste nelle fotografie, che si perdono e tornano anche con il consumarsi del tempo.

Al di là di meriti registici che ormai gli sono riconosciuti da tutta la critica, c'è quel 5 per cento per cui Time non è pienamente Kim Ki Duk. Rispetto ai capolavori precedenti sono aumentati i dialoghi, con chiara diminuzione di quelle schegge di verità ed emozione che invece venivano assaporate appieno nelle pellicole precedenti. Inoltre si intravede una maggiore tendenza da "blockbuster" che è in netta contrapposizione con ciò che Kim Ki Duk ha fatto in precedenza. Nonostante questo però, Time resta un ottimo film, denso di turbamenti sentimentali che affascinano per la loro poeticità.

Un altro grande lavoro di un innovatore del cinema.

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