Dopo l'uscita dell'orrendo 'Thrak', i King Crimson (o meglio, Fripp) nel 1996 decidono che è ora di sfoderare un nuovo disco dal vivo. Forse vogliono riscattarsi dall'ultima deludente prova dal vivo, forse vogliono provare che il piano tecnico, a differenza di quello compositivo, è ancora sorprendentemente avanzato. O forse hanno solo voglia di salire sul palco e fare un gran casino. E quest'ultima ipotesi sembra essere quella che più si avvicina alla verità.

'THRaKaTTaK' è un non-disco, dove la sperimentazione travolge tutto, anche il concetto normale di canzone. Un'analisi traccia per traccia? Non se ne parla nemmeno, è impossibile! Anzi, esorto tutti a lasciare 1 come voto a questo album, io gli ho dato 5 perché ritengo di essere più pazzo di Fripp stesso!!!

L'improvvisazione è l'anima del disco, un disco che definire strambo sarebbe riduttivo. L'atmosfera, se c'è, è cupissima e il suono è quanto di più inquieto si possa immaginare. I pezzi hanno nomi quanto meno bizzarri (Mother Hold The Candle While I Shave The Chicken's lip) e evocano immagini terrificanti (The Slaughter Of The Innocents). Per tutta la durata del concerto il pubblico non fiata, preda di questi maledetti 57 minuti di musica al limite del baccano. Sentiamo solo qualche timido applauso nell'intro di The Night Wounds Time.
I musicisti non si discutono e sono ottimi, soprattutto in questa peculiare formazione, detta a "doppio trio", perché è come se fossero due semi-band diverse che si intrecciano fra loro, a formare questo inascoltabile e fastidioso muro di suono. Troviamo difatti da una parte Robert Fripp (chitarra e tastiere), Trey Gunn (chitarra) e Pat Mestelotto (percussioni); dall'altra vi sono Adrian Belew (chitarra), Tony Levin (basso) e Bill Bruford (percussioni e marimba).

E' jazz? E' progressive? Ma no! Si tratta solo di una pazzesca accozzaglia di suoni neanche intrecciati fra loro, ma proprio sovrapposti. A volte vi troviamo momenti lenti, quasi statici, a volte momenti nettamente più ritmati, in cui la confusione resta comunque totale. Indubbiamente l'album dal più difficile ascolto in assoluto, anche se più che di ascolto si può affermare che si tratti di sopportazione, dote quest'ultima che l'ascoltatore deve avere in grande quantità. 'THRaKaTTaK' non è uno di quegli album che o lo si odia o lo si ama: lo si detesta e basta, è odio al primo ascolto. Sono soldi buttati via, anzi... dovrebbero essere i King Crimson a pagare chiunque abbia il coraggio di comprarlo.

In conclusione questo: la recensione qui presente non consiglia un bel niente perché più che altro è ammonimento a star lontani da questa vaccata madornale. Una persona che già è depressa per conto suo ascoltando 'THRaKaTTaK' rischia seriamente il suicidio. Oppure fa come me che, quasi per qualche motivo proveniente dagli angoli più bui ed oscuri della pazza mente umana, ha deciso in qualche modo di diventarne il silenzioso difensore e paladino. Proprio per tutte le orribili caratteristiche qui sopra elencate mi sento di dire che amo quest'album. Lo amo perché rappresenta uno dei limiti estremi che la musica possa raggiungere. Lo amo perché un'immane puttanata ed è inascoltabilmente una ciofeca, di geniali ed infime proporzioni.

Forse è questo che mi spinge ad alzarmi nel cuore della notte ad ascoltarlo per poi riaddormentarmi in preda agli incubi... perché sono convinto di aver scoperto dove sta l'esatto punto d'incontro fra il grande genio e la follia più totale.

Carico i commenti... con calma