Mi sono approcciato casualmente a questo album, forse perché mi è stato brevemente presentato come qualcosa che non è, ma che alla fine di fatto è: un album Jazz.

Odio le etichette... per carità, comode per farsi capire, ma potrei benissimo dire che è un album Jazz, dicendo poco dopo che non è un album Jazz... per comodità inventerò (penso) un termine nuovo, giusto per arrivare ad una quadra (seppur fittizia).

È un album Jazz elettronico... usando dei termini più comunemente accettati: "NuJazz"... una fusione tra Jazz e musica elettronica insomma.

Kinga Glyk nasce in realtà come bassista, ed infatti il basso è lo strumento centrale, impregna ogni brano, è sempre presente apparentemente in sottofondo, ma in realtà da vera e propria spina dorsale di tutta l'opera. Sarebbe come chiedere a Gilmour di non cacciare dentro una chitarra suvvia!

Dopo una prima band con padre (vibrafonista, e si sentirà l'influenza di questo stupendo strumento) e fratello, non spicca il volo... rimane conosciuta a livello locale in Polonia e nulla di più.

Nel 2017 con il primo album "Dream" inizia a farsi conoscere maggiormente, però rimane pur sempre una bassista Jazz, che cerca di dar vita a virtuosismi sicuramente interessanti, ma che non destano sufficiente interesse.

"Feelings" nel 2019 non sembrerebbe aver avuto molto successo, tant'è che l'ho trovato poco interessante, anche se già nei primi due album oltre al Jazz più classico, si sono sentiti inserti di elettronica, col sennò di poi promettenti.

L'opera più interessante infatti arriva quest'anno, "Real Life", dove Kinga Glyk riparte un po' da zero, lascia da parte la scuola Jazz e fa davvero Jazz... innova.

A me non piace l'elettronica generalmente, perché toglie identità agli strumenti, dà a tutti bene o male la medesima voce... e generalmente è un alternarsi di tastiere diverse con diversi suoni di una stessa matrice. Così è, oggettivamente. Però tutti i brani di quest'album, devo dire, sono particolarmente articolati, ricchi di suoni diversi, cullati da un basso sempre in sottofondo e con un Aerophon STREPITOSO... l'Aerophon è una sorta di sax elettronico (che detto così farebbe schifo pure a me, per quanto amo il sax) che ha un po il suono di un vecchio sintetizzatore. L'Aerophon è l'anima e la melodia armonica di tutti i brani, dal primo all'ultimo, ma l'apoteosi di questo strumento è "Unfollower", sulla quale mi dilungherò dopo.

(Purtroppo Casey Benjamin, che lo suonava, è scomparso a marzo).

Forse l'ho dato per scontato, ma è un album strumentale, quindi l'elemento focale è l'intrecciarsi dei suoni, la loro particolarità... creano sempre un insieme armonico che scorre, va via veloce senza nemmeno accorgersene, tra brani più incentrati sulle tastiere e brani come "Who Cares" che risentono della vecchia scuola Jazz nei ritmi e nei rimandi sonori, una sorta di Jazz-Funk qui, rimanendo sempre nel topos NuJazz di tutto l'album.

Sia questo, che "Island" e "Swimming In The Sky" richiamano un po l'atmosfera videogioco Nintendo anni '90, che non mi è mai piaciuta, ma che qui ho apprezzato particolarmente (molto bello il virtuosismo di Aerophon in "Swimming In The sky").

Avendo capito i connotati principali dell'opera, voglio ora soffermarmi su quattro osservazioni particolarmente degne di nota:

non mi sarei mai aspettato un assolo di batteria, anche discretamente bello (certo non Ian Paice o altri mostri sacri), in "Island", che di fatto è il brano che riassume tutte le caratteristiche focali dell'album: tastiere soffuse ambient, basso a spina dorsale, Aerophon a fare melodia con virtuosismi articolati... ed assolo di batteria, in quello che è il brano più ambient.

Molto bella "Sadness Does Not Last Forever" e soprattutto molto aderente al titolo: primo minuto di organetto stereo e poi pian piano entrano batteria ed elettronica trasformandolo in un brano più Funk.

Particolarmente bello il Vibrafono in "Not Real", decisamente stile Harry Potter. In generale molto bello l'ambiente in cui proietta nel primo minuto, con un cambio radicale successivamente che mi ricorda le musiche dei giochi di Rally di quand'ero piccolo.

È arrivato il momento di parlare del capolavoro... "Unfollower":

Inizia con una melodia marcata di basso, sulla scia dei cari vecchi White Stripes e percussioni, ma la magia subentra quando inizia a suonare l'Aerophon (molto Montecarlo Nights)... si apre come un abbaglio di luce in una melodia che percepisco come profondamente malinconica ed emozionante, per poi riabbandonarsi alla stessa linea di basso marcata fino al prossimo, uguale ritornello, e tu stai lì che lo aspetti, come fosse la cosa che più vuoi al mondo, impaziente di risentirlo... e arriva...

Per farvi capire che emozioni mi provoca (stavo per dire "chiudete gli occhi", ma poi giustamente non potete leggere), immaginate di trovarvi in un deserto, al tramonto, con all'orizzonte degli enormi grattacieli e disegnare lo skyline; ad un certo punto cade una bomba atomica e voi vedete tutta la scena attraverso un leggero miraggio, a rallentatore: un enorme fungo che sapete tra pochi secondi arriverà a voi ponendo fine a tutto. Ecco, quell'istante tra la meraviglia e la malinconia della consapevolezza che tutto sta per finire, il ricordare tutto ciò che si è vissuto con una lacrima che scorre sulla guancia, investiti da un leggero vento che pian piano diventa sempre più forte, fino ad essere energia che pone fine a tutto; ma allo stesso tempo una senso di libertà, respirare a pieni polmoni per accettare che si è stati quel che si è stato, senza rimpianti.

Un istante che dura in eterno.

Questo è "Unfollower", e questo è "Real Life", un album ambient, NuJazz che stranamente è riuscito a darmi delle emozioni e a cullarle dalla seconda traccia, fino all'ultima.

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