La copertina nerissima, stile "Metallica" e "Back In Black" (AC/DC), due classici rispettivamente heavy metal e hard rock, introduce l'ottavo lavoro dei Kingdom Come, gruppo o per meglio dire progetto del compositore, chitarrista, cantante e produttore Lenny Wolf da Amburgo, Germania, pubblicato nell'anno 2000.

Il genere musicale a cui appartiene "Too" può definirsi a metà strada fra i due colossi commerciali appena citati: meno rabbioso e distorto rispetto all'approccio dei quattro metallari californiani, più cupo e melodico a confronto dell'asciutto stile inventato, e mantenuto a vita, dai cinque rocchettari anglo-australiani. I gusti sono gusti e quello mio personale mi porta senz'altro a preferire, e di gran lunga, la musica di questo negletto black album rispetto a quelle degli altri due illustri simili (specie di quello dei Metallica).

"It Ain't So Bad" in apertura stordisce con un'ondeggiante assolvenza di tastiera, per poi mettersi a bombardare di chitarre, tutte con suoni magnifici e distorti a puntino, belli sgranati e presenti. Subito in primissimo piano le precipue inclinazioni melodiche e ritmiche di Wolf: groove possente e preferibilmente lento, al massimo in mid-tempo, a'la John Bonham insomma; sopra questa poderosa spinta agisce un vai e vieni di chitarre ritmiche di diverse specie, in un gioco drastico e molto asburgico di "cambio della guardia" (in genere all'arrivo del ponte o del ritornello). La voce del leader, malinconica e felina e poi stridula e penetrante nei refrain, in stile Robert Plant ansiogeno, attacca la prima delle sue undici cantilene, indirizzando il pathos dell'opera verso una costante ed obliqua tensione, ancora più accentuata nella seguente "Free Your Mind", caratterizzata da un continuo accavallamento di riff.

Vera cantilena è "Waiting", strutturata su di uno scarno pianoforte che viene spazzato via delle gonfie tastiere del fichissimo refrain, quasi industrial ma... dolce. L'assolo è altrettanto pomposo con le chitarre armonizzate ad orchestra, ma poi tutto si dissolve e ritorna allo spettrale procedere del pianoforte sotto la voce sconfortante e in "attesa" del bravo Lenny.

Anche "Too Late" vive di un riff ciclopico, che però modula sorprendentemente pieno di grazia e melodia. Wolf armonizza di persona la seconda strofa, ma riserva la cosa più bella nella terza. Con un bellissimo effetto elettronico, di rara profondità, che abbellisce la ritmica.

Dopo tanta sicumera Wagneriana, ci sta da dio una ballata semiacustica ed allora ecco "You're My Secret". Superba chitarra acustica trattata con strana compressione, timbro Planteggiante alla "I'm Gonna Crawl", sequenza di accordi favolosa, sottolineata da una liquida tastiera e dalla chitarra elettrica passata attraverso un effetto leslie e un delay perfetti.

Su "Hey Man" degli ipnotici vibrati che rimbalzano fra i due canali mettono in moto il solito groove lento e drammatico, senza essere pachidermico. Tanto per cambiare arriva il cambio drastico tra strofe e ritornello, che sposta l'atmosfera verso orizzonti più compatti ed "ottusi".

Riffettone rock blues con tre chitarre e il basso in unisono per "Tease". All'arrivo della voce rimane solo una chitarrina ad armonizzare, ma poi nel ponte giunge una sua sorellona, arrangiata con arrapante wah wah, che arpeggia in modo sorprendente. Tutto diventa esposto al flanger, pure la voce del cantante. Tutto suona alla grande cosicchè questo pezzo ha il suo acme proprio nel ponte, cosa ben rara a capitare.

"Mighty Old Man" è meno in evidenza, col suo arpeggio iniziale nudo e crudo stile Metallica, al solito accantonato dopo la strofa a favore di un chorus melodicissimo e struggente. L'assolo di chitarra è molto scolastico e di poche battute, dev'essere dello stesso Wolf, e porta alla coda finale condita di voci elettroniche strapiene di vibrato.

Altro riffaccio bestiale è quello posto all'inizio di "Tell What I've Done", pronto come sempre a sparire d'acchito quando è ora di cantare. Arrivano allora altre chitarre, una zanzarosa col distorsore fuzz e poi quelle hard rock per un ritornello solido e rigoroso, proprio tedesco. Che pezzo! Così si suona l'hard rock duro e puro, massimamente anglosassone. L'assolo è sullo stesso riff dell'inizio, condito di terrificante wah wah.

"Should I've Told You" si muove in maniera più sgroppante, con un pedale di basso che segna gli ottavi, su cui entrano una chitarra pulita e sonora ed una tastiera puntuta e preoccupante. Nel ritornello una campana tubulare in levare provvede a mettere ulteriore ansia ed accogliere come una liberazione il ritorno delle strofe, con la loro rassicurante chitarrina che però nel ponte viene mangiata viva da un chorus settato a 100 centesimi, senza pietà.

"Joe English" è un finale fantastico: piatti che si fracassano, voci frenetiche a prologo di uno shuffle serrato con tanto di fanfara di chitarra solista. Al solito il panorama musicale si svuota come un secchio d'acqua in testa all'arrivo del cantato, il quale ad ogni cambio d'accordo provvede a cambiare in tronco le chitarre d'accompagnamento, fino al frastornante refrain con la melodia di chitarra solista in sommità.

Per la cronaca, tre degli undici brani e precisamente il quarto, il settimo e il decimo, sono riciclati dal repertorio degli Stone Fury, il gruppo giovanile di Lenny Wolf messo insieme appena emigrato a Los Angeles.

"Too" è un grandioso disco di hard rock, del genere drammatico/malinconico modello "caduta degli dei", ripieno di belle idee melodiche, con una brillantissima gestione delle chitarre ritmiche, poche e secondarie concessioni agli assoli, semplice ma granitica spinta ritmica, miagolante e caratteristica voce solista. Quello per i Kingdom Come è un mio personale e convinto culto, che altro posso scrivere per convincere qualcuno a pensarla come me...
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