A tre anni dal buon “Mechanical Bull”, tornano i Kings Of Leon con la settima prova in studio, battezzata “WALLS” (acronimo di “We Are Like Love Songs”).
La novità principale sta nel cambio di produttore: via lo storico Angelo Petraglia (con i KOL già dallo splendido esordio “Youth & Young Manhood”), dentro Markus Dravs, quotatissimo producer già a lavoro sull’acclamato esordio dei Mumford & Sons e su “The Suburbs” degli Arcade Fire.
Il problema principale dei Kings Of Leon degli ultimi due album è stato sicuramente l’incertezza su cosa fare da grandi: dopo i primi tre dischi apprezzatissimi in UK ma lontani da un’affermazione mainstream, “Only By The Night” del 2008, grandissimo album lanciato dalla megahit “Sex On Fire”, ha cambiato le carte in tavola e ha sparato Caleb Followill e compagni nello star system più patinato. Appena si è iniziato a parlare di “nuovi U2” sono iniziati i problemi, portati principalmente da una crisi di identità che ha visto la band fare due mezzi passi indietro come il mediocre successore “Come Around Sundown” ed il più a fuoco “Mechanical Bull”.
Adesso è arrivato il momento di decidere, e la decisione è presa, forse proprio grazie anche al succitato Dravs: via i timori e la paura di svoltare, la virata è decisissima verso un denso ed ispirato stadium rock, cercando comunque di mantenere i punti di contatto con le radici southern della band statunitense. In tal senso, il lead single “Waste A Moment” non trae affatto in inganno: col suo incedere accattivante ed il ritornello a base di purissima epicità, è una vera e propria “Sex On Fire” parte seconda, una chiarissima dichiarazione di intenti. Lo stesso dicasi di pezzi come “Reverend” (bellissima), “Over” (già presentata dal vivo, dove finalmente i KOL giocano a fare gli U2 senza suonare eccessivamente derivativi) ed il gioiellino “WALLS”, titletrack che si gioca la carta del quieto intimismo (giocando facile con una vocalità eccellente come quella di Caleb Followill) a base di chitarra acustica e pochi tocchi di piano. Quiete che influenza anche “Conversation Piece” e lo strambo esperimento calypso di “Muchacho”.
Altrove, si spinge anche un po’ sull’acceleratore: “Find Me” è il riff più incisivo del disco, “Around The World” si diverte funkeggiando, mentre “Eyes On You” si riconcilia con le radici southern del gruppo, ma senza esagerare.
Un discreto disco questo “WALLS”, che ha perlomeno il merito di posizionare definitivamente l’offerta musicale dei Kings Of Leon su di un binario preciso, e pone di conseguenza le basi per un eventuale sviluppo futuro della proposta della band. Sarebbe davvero un peccato fermarsi qui.
Traccia migliore: WALLS
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